PIOMBINO. Era un sogno 6 anni fa, quando fu lanciata l’idea. E magari è destinato a restare tale anche oggi. Ma il tunnel fra Piombino e l’Elba torna a far discutere, dopo che a riparlarne è stato Simone De Rosas, elbano di Campo, segretario del Pd dell’isola e della Val di Cornia. Anche perché la tecnologia è cambiata e, nel mondo, i tunnel sottomarini si moltiplicano. Sono una cinquantina solo in Europa.
In Norvegia e in Danimarca alcune isole sono così collegate fra loro. E proprio fra Danimarca e Germania è in costruzione il Fehmarnbelt che, con i suoi 18 km di lunghezza, diverrà il tunnel sottomarino più esteso d’Europa, unendo le isole di Lolland e Fehrmarn.
Eppure la tecnologia per realizzarli esiste da tempo. Il primo tunnel sottomarino risale al XIX secolo, appena 400 metri, sotto al Tamigi, a Londra. Fu completato nel 1845, ancora oggi funziona. E anche il trafficatissimo Holland Tunnel a New York, che attraversa il fiume Hudson tra Manhattan e Jersey City, ha un secolo di vita, essendo stato terminato nel 1927.
Sono opere complesse e costose, ma risolvono molti problemi. Attualmente il costo varia da 40 a 70mila euro al metro. Quindi da 40 a 70 milioni di euro al km. Quello ipotizzato per l’Elba, dalla zona portuale alla zona di Magazzini, sull’isola, avrebbe una lunghezza di circa 14 km. Quindi da 560 milioni a quasi un miliardo di euro. Un sacco di soldi, ma se ci fosse la volontà non sarebbe così impossibile trovarli.
«Risolverebbe moltissimi problemi dell’isola» ci dice Riccardo Cacelli, il primo, nel 2019, a lanciare l’idea.
Vive a Londra, è Compliance Officer con la Collins Dale Capital Partners ed excutive manager nella Mobilità aerea avanzata, soprattutto in quella urbana. Senior advisor of Advanced air mobility institute di Boston e membro del “Future flight standards hub” di Easa, quindi un esperto di mobilità a 360°, ma soprattutto è elbano di Cavo.
E a lungo, lavorando in uno studio professionale a Piombino, ha fatto il pendolare fra l’isola e la terraferma.

L’idea del tunnel è nata a Londra
«Vivo a Londra da 15 anni, ma sono nato a Cavo ed ho vissuto all’Elba fino a 40 anni, poi a Pisa. Quindi in Inghilterra, dove mi occupo di business strategy e di mobilità aerea e urbana. A Londra, avevamo in Collins Dale una serie di stagisti che venivano dalla Sapienza e dalla Bocconi. Un giorno, collegandomi alle news dell’Elba, e vedendo che i traghetti erano bloccati, feci una battuta. E uno stagista mi disse “Ci vorrebbe un ponte”. Un altro disse “Un ponte no, ma un tunnel sì. In Europa ce ne sono già decine”. Fui molto incredulo. Ma dopo qualche giorno mi fece una lunga relazione, con l’elenco dei tunnel sottomarini europei, costi e benefici. E cambiai opinione».
Da quel giorno nacque l’idea?
«Mi resi conto che l’opera sarebbe stata fattibile. Per esempio nell’arcipelago danese delle Faroe, nel nord dell’Atlantico, ci sono tunnel di collegamento dagli anni ’60. Così mi venne l’idea di fare la proposta. Pensai ad uno studio sociale, economico, ambientale, politico. E iniziai a lavorare sui numeri. I primi dati visionati erano quelli dell’Autorità portuale di Piombino. Ogni anno passano dal porto circa 1 milione di veicoli. Ad oggi i numeri sono più o meno gli stessi. Che sono più o meno i numeri del traforo del monte Bianco. Poi un mio amico londinese mi fece un regalo. Le immagini di alcuni giornali del 1810 che illustravano Napoleone che aveva l’idea di invadere la Gran Bretagna attraverso un tunnel e che aveva già iniziato i lavori in Francia. Da lì capii che dovevo proseguire».
Al generale di Ajaccio l’idea venne guardando il vecchio progetto di uno dei suoi ingegneri, monsieur Mathieu-Favier, che credeva possibile collegare Francia e Gran Bretagna con un tunnel sottomarino abbastanza largo da farvi transitare delle carrozze. Poi non se ne fece di niente.

1 milione di auto, è un numero importante.
«Secondo noi il movimento crescerebbe del 30-40%. Basta solo pensare a quanti proprietari di seconde case aumenterebbero le loro presenze sull’isola. O a quanto si allungherebbe la stagione. In quella fase ho sempre tenuto fuori il mondo politico elbano, ma ho parlato con la Costa Etrusca. Politici e sindaci della zona sarebbero stati favorevoli, potendo offrire ai loro turisti anche una veloce gita, o una cena, all’Elba».
In effetti cambierebbe di molto le prospettive.
«Andiamo con ordine. Intanto il porto di Piombino. Senza il movimento dei traghetti diminuirebbe il traffico veicolare e potrebbero moltiplicarsi le crociere. Ma poi penso ai rifornimenti quotidiani, al costo della benzina, anche al Coni, che gestisce in modo complicato tutte le gare in programma sull’isola, di vari sport».
E non solo.
«Poi c’è l’aspetto sanitario, che è il principale. Basti pensare a chi deve fare terapie a Livorno o Pisa, ma anche a medici e infermieri che fanno i pendolari. O a chi ha familiari ricoverati sulla terraferma, a Pisa, Siena, Grosseto».
Metanizzare l’Elba
E come vi siete mossi, dopo aver lanciato la proposta?
«Prendendo contatti con chiunque potesse essere interessato. Ad esempio parlai con l’Asa, che gestisce l’acquedotto, che aveva problemi con la condotta sottomarina e il dissalatore di Capoliveri. Sarebbe stata felicissima di far passare le condotte nel tunnel, con enormi vantaggi anche per le manutenzioni. Al tempo stesso l’opera consentirebbe di metanizzare l’Elba. Ho avuto colloqui anche con Terna, per il passaggio dei cavi elettrici».
Tanti soggetti interessati.
«Avevo preso contatti anche con Busitalia, società del gruppo Ferrovie dello Stato. Avrebbero visto l’opera con grande favore, pensando anche ad aprire una stazione all’Elba. Ma non per i treni, sia chiaro. Ma per autobus navetta da Campiglia all’Elba. O dall’aeroporto di Pisa all’isola. Immaginate le prospettive?».
Come andò avanti la cosa?
«Conoscevo un architetto e buttammo giù una prima ipotesi di progetto. Ma il progetto che mi presentò, molto bello, intaccava la costa e non era per me presentabile e fattibile. Quindi adesso sarebbe ipotizzabile dallo svincolo della nuova 398, fino alla zona di Schiopparello e Magazzini (di fronte a Portoferraio, ndr)».
Poi però si fermò tutto.
«Eppure un sondaggio fatto sull’isola parlava di oltre il 70% di favorevoli. Anche se, credo, parte del mondo economico elbano non lo vedrebbe di favore. Ci sono molti imprenditori che temono che la concorrenza di un’isola aperta farebbe calare il loro business. Aderiscono forse, inconsapevolmente all’ideale dell’ostrica, il famoso concetto espresso benissimo da Giovanni Verga nei Malavoglia. Molti imprenditori che operano nell’ospitalità dovrebbero stare aperti tutto l’anno. In prospettiva dovrebbero entrare in competizione e questo non piace a tutti. Quelli che hanno una visione aperta e viaggiato molto sono invece favorevoli perché vedono un collegamento terrestre come il tunnel/galleria come opportunità di sviluppo. Accanto a loro, inoltre, c’è un altro mondo, dai professori delle scuole, ai sanitari, agli autisti e ne cito solo alcuni».
Progetto fattibile, 50mila euro al metro
Il progetto ora sarebbe più fattibile.
«Il mondo è andato avanti, ora la tecnologia è migliorata. Si realizzano sia con frese che bucano e costruiscono insieme, sia costruendoli fuori e poi assemblandoli. Quelli in fase di realizzazione nel Nord Europa costano sui 50mila euro al metro, si realizzano in 2 anni di media. Li stanno facendo in molti paesi d’Europa. Peraltro con l’intelligenza artificiale il tunnel darebbe tanti servizi aggiuntivi. Dal controllo degli accessi, alla sicurezza. Ormai gli scanner sono così evoluti che vedono tutto: per esempio analizzano l’auto ed i loro passeggeri. Un altro aspetto da prendere in considerazione è che il traffico veicolare sarà diluito nelle varie ore del giorno e con l’utilizzo di software, come per esempio il Volkswagen vision workbench (VW2) che opera a Carmel, una cittadina dell’Indiana, negli Stati Uniti».
Certo sarebbero da trovare i soldi.
«I soldi sono tanti, ma non così tanti. Non immaginate un tunnel dritto, ma anche, necessariamente, con la presenza di larghe curve. Un tunnel con distanze minime da rispettare fra le auto, sistemi antincendio robotizzati. Ormai ci sono ditte affidabilissime, anche italiane e con grandissima esperienza, che realizzano queste opere e per il progetto si muoverebbero i maggiori esperti al mondo. Anche perché non va visto come un tunnel solo per l’Elba, ma sarebbe un tunnel per la Toscana. Per questo mi piace chiamarlo Tuscany Tunnel. La Toscana, dopo la California, è la regione più conosciuta e amata al mondo. Se la Regione facesse uno studio di fattibilità internazionale, si muoverebbero i migliori ingegneri, geologi, architetti e sociologi del mondo».
Ma se ne parla sull’isola?
«Molto più di quanto si pensi. E la maggior parte della gente sarebbe favorevole. Qualcuno, invece, ne ha paura. Uno degli argomenti trattati è quello della perdita dell’insularità. Fu questo il mio primo pensiero. Qualche filosofo/sociologo mi disse che un ponte farebbe perdere il carattere dell’insularità (perché si vede), ma non un tunnel/galleria che insiste al centro dell’Elba. Ma è già positivo che si sia tornati a parlarne».
LINK di riferimento
- Tunnel sottomarini nel mondo
- Tunnel sottomarini in Norvegia
- Trafori nelle Faroe
- Fehmarnbelt: il tunnel sottomarino più lungo al mondo
- Il RogFast tunnel in costruzione in Norvegia
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Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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