GROSSETO. Se la città si schiera con il palo e non con un ragazzo che a 17 anni rischia la vita, allora abbiamo un problema. O forse più di uno.
Lunedì sera un ragazzo di 17 anni, con alcuni grammi di cocaina in tasca, è fuggito in bicicletta in seguito ad un controllo della polizia. Inseguito dalla volante, in via Giusti, nel sottopasso, ha perso il controllo e si è schiantato contro un palo. Ora è gravissimo, la prognosi è riservata, all’ospedale di Grosseto.
Sotto al nostro articolo, sui social, in breve tempo sono stati postati decine e decine di commenti. Molti li abbiamo cancellati, quelli che ancora leggete sono i meno forti, i meno crudi, i meno cattivi. Ma è comparso di tutto. Dagli auguri di morte, al classico “uno in meno”, a chi ha chiesto i danni per il palo.
Dalla pancia della città è stato vomitato di tutto.
Quella parte di città di falsi benpensanti che consuma la cocaina a fiumi, alimentando l’offerta con la richiesta. Quella parte di città che è più ampia di quanto si possa sospettare, perché la “bamba” circola anche in ambienti dove mai te lo aspetteresti.
Ma se la consumi sei un cittadino che si aiuta, si diverte o deve essere curato, se la vendi devi morire avvolto a un palo della luce.
Quindi se qualcuno la consuma, qualcuno la vende. Con una catena che parte da organizzazioni criminali e arriva ai singoli spacciatori, spesso sempre più giovani, che gestiscono di volta in volta solo pochi grammi. E che, alla fine, sono gli unici che vengono perseguiti.
Si arrestano i piccoli spacciatori, non i grossisti e i grandi criminali
La risposta dello Stato allo spaccio è solo questa. Si arrestano i piccoli spacciatori in strada. Che poi, proprio perché gestiscono pochi grammi, tornano liberi nel giro di 2-3 giorni. La legge è questa, le carceri scoppiano per il sovraffollamento. E i primi a esserne frustrati sono gli uomini delle forze dell’ordine che, di giorno e di notte, si “sbattono” per presidiare il territorio, in prima linea. E che in situazioni come queste rischiano più di tutti.
Da anni non vediamo un arresto di un grossista della droga. Di un corriere che la fa arrivare in città dai porti di Livorno e Civitavecchia, di un’organizzazione che alimenta il fiume di droga che soddisfa i nasi benpensanti cittadini.
Possibile che non si riesca mai a risalire la catena? Davvero sono altre le priorità? Ancora siamo ostaggi di un sistema criminale che, nei decenni, ha scritto le pagine più tragiche della storia italiana? Che pareva sconfitto e, invece, continua a operare in modo meno eclatante, ma altrettanto redditizio.
È come, non ce ne vogliano per il paragone, se Acquedotto del Fiora a fronte di una falla nella dorsale principale rispondesse chiudendo i rubinetti nelle case.
I singoli spacciatori si vedono di più
Tornando nella piccola Grosseto, realtà uguale a tante in Italia, i singoli spacciatori, la manovalanza usata dalle organizzazioni, sono quelli che si vedono di più. Sono quelli che alimentano la pancia cattiva dei commentatori. Ci sono zone della città dove lo spaccio avviene alla luce del sole, anche all’interno di locali pubblici.
Nel nostro piccolo, riceviamo segnalazioni ogni giorno. E non solo da via Roma o dalla stazione, ormai indicate da tutti come le zone più a rischio. I supermercati della bamba, e non solo di quella, sono sempre di più in città. E fra i “commessi” addetti alle vendite ci sono sempre più ragazzini, anche minorenni come quello che si è schiantato contro il palo.
Si spostano in bicicletta, si spostano in monopattino. Vivono nei palazzi abbandonati. Vivono in campagna. Li vedono tutti, da mesi.
E hanno rifornimenti infiniti. Se ne fermi uno, altri dieci fanno lo stesso percorso. Ragazzini che non arrivano in Italia con le tasche piene di droga. Il kit per la vendita, viene loro fornito in città.
Soggetti deboli che scelgono la via facile
Poi il problema si ampia, ma è chiaro che l’offerta delle organizzazioni criminali è più comoda e remunerativa delle alternative, soprattutto quando si parla di soggetti deboli, che sono portati a scegliere la via facile. O che, giovanissimi, mandano i soldi a casa, quelli guadagnati spacciando. E che, una volta arrestati, si sentono riattaccare il telefono in faccia da madri che non vogliono parlare con loro perché non hanno più la loro fonte di reddito. Utilizzati per vivere, poi abbandonati.
È su ragazzini come questi che si riversa l’odio di chi sta seduto sul divano a tifare il palo come se lo avesse colpito un pallone. Come Fantozzi qualsiasi: «Chi ha fatto palo?».
Non bastano i pali a risolvere il problema
In un sistema che funziona prima verrebbero la famiglia, la scuola, il mondo del lavoro. Tre mondi che dovrebbero agire in sinergia, ma che spesso fanno fatica a stare in piedi, figuriamoci a dialogare. Qui si va ben oltre il piccolo teatro maremmano che sniffa e si indigna allo stesso tempo.
Certo ci sono anche le risposte che funzionano, il mondo del volontariato, laico o religioso che sia, il mondo dello sport, i tanti settori giovanili che regalano ai ragazzi uno svago concreto e non chimico, ma sono una goccia in un mare di melma che avvolge la città.
E di una cosa siamo certi, non bastano i pali dei sottopassi a risolvere il problema.
MaremmaOggi – Direttore
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Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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