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L’ex Cosimini, l’edificio più bello di Grosseto

Mauro Papa, direttore delle Clarisse, ci accompagna nei favolosi anni ’70: dal 20 al 29 settembre la Città visibile presenta la mostra “Settanta mi dà tanto. Gli anni ’70 a Grosseto”
Palazzo Cosimini, piazza Rosselli, Grosseto
Il palazzo ex Cosimini

GROSSETO. Un tuffo nei favolosi anni Settanta a Grosseto. Venerdì 20 settembre, alle Clarisse, è stata inaugurata la mostra “Settanta mi dà tanto”. Si torna indietro di cinquant’anni, attraverso le opere di architetti, fotografi, artisti, collezionisti, cittadini. 

Un racconto collettivo, che accompagna la settimana della Città visibile della Cultura, fino al clou della “Notte visibile” in programma sabato 28 settembre. 

Mauro Papa, direttore del Polo Le Clarisse, ci prenderà per mano per accompagnarci, sulle pagine del nostro sito, MaremmaOggi, in quegli anni strepitosi che hanno disegnato una città diversa.

Tre storie, che saranno poi approfondite durante tre incontri in programma alle Clarisse. La prima, quella di Maria Palombo, che tentò di abortire, nel 1973, e fu licenziata dal Comune e che potete leggere qui

La seconda, invece, ci porterà dritti dentro all’ex Cosimini

Quando venne costruito il palazzo più bello di Grosseto: l’edificio polifunzionale ex Cosimini

di Mauro Papa

Mauro Papa

«Quando ero ragazzino passavo i pomeriggi nella sala giochi “Domino” in piazza della Vasca. Io e i miei amici tenevamo gli occhi incollati sui monitor dei videogiochi come oggi i ragazzi li tengono incollati sugli schermi degli smartphone.

Per riposarci, uscivamo in piazza a fumare qualche sigaretta proibita. Allora, se fuori era diventato buio, rimanevamo affascinati dalle luci al neon sparate dalle grandi vetrate trasparenti che fasciavano un enorme disco volante atterrato lì vicino. Un disco volante in cemento, sospeso leggero su uno slargo dove ci rifugiavamo quando pioveva.

Era bella la nostra piazza della Vasca. Era bella perché era meticcia, come meticcio è il popolo grossetano: c’era la fontana tonda nel mezzo, il bar del Momo scivolato sotto una villetta liberty, la seriosa scuola media Pascoli dove facevamo la pattuglia per disciplinare le uscite dei compagni, e un edificio slanciato e strambo di pietra bugnata bianca con appiccicato in facciata un uomo nudo che frenava un cavallo imbizzarrito».

Un disco volante atterrato nel cuore della città

«Ma il palazzo più bello di tutti era il disco volante, che era una banca. Agli altri – a parte quello col cavallo – neanche facevo caso. Erano anonimi e, nella loro compostezza classica e retorica, noiosamente invisibili. Se ne vedevano dappertutto in tutte le città. Il palazzo del Governo e quello delle medie, gemelli, erano come adulti saccenti e paternalistici su cui far scivolare lo sguardo, mentre il disco volante era il compagno eccentrico, ingombrante e guascone che ti invitava a fare cose nuove e sorprendenti.

La costruzione dell’ex Cosimini (archivio foto Gori)

Ad esempio, ti invitava a scendere nei suoi sotterranei, dove al tempo c’era la Standa col settore dei dischi (ci comprai il primo capolavoro dei Clash!). Oppure la piazzetta al primo piano, lì dietro, che già era semiabbandonata come la periferia urbana di un film distopico. Accanto alla banca, nei meandri curvilinei e nascosti di un portico galleria, i ragazzi ascoltavano il rap, ballavano la break dance e si esercitavano con gli spray. Perché i ragazzi capiscono sempre quali sono i posti più fighi e densi di futuro».

L’opera dell’architetto Quaroni, famoso in tutto il mondo

«Solo dopo ho scoperto che il disco volante lo aveva progettato un architetto visionario, Ludovico Quaroni, conosciuto in tutto il mondo – spiega ancora Mauro Papa – E quel disco era solo la punta arrotondata, come l’astronave di Star Trek, di un edificio più complesso che doveva ospitare negozi, uffici e abitazioni. Un edificio modernissimo con torri cilindriche, infissi in metallo e cristalli atermici di colore scuro. E che aveva sul retro un piccolo teatro all’aperto e, al centro, una piazza sopraelevata, come fosse una città nella città, indipendente e pronta a volare via in caso di necessità.

La ex palazzina Cosimini, demolita nel 1970 (foto Archivio Fratelli Gori)
La ex palazzina Cosimini, demolita nel 1970 (foto Archivio Fratelli Gori)

È vero, quell’edificio non è mai diventato una città nella città. La speranza che fosse ricco di vita e relazioni è andata, forse, delusa. E Quaroni, probabilmente, ha fallito. Ma, come diceva sempre: «È necessario sperimentare, in medicina come in architettura e urbanistica». E a me piace pensare che il bellissimo residuo di quella sperimentazione non solo rimarrà nei manuali di architettura e urbanistica del futuro, ma sarà anche tappa obbligata per le guide turistiche di Grosseto che, domani, diranno: «Ecco il capolavoro di Grosseto, un bellissimo monumento all’utopia. Se poi avremo tempo, andremo a visitare anche il duomo».

E infine sorrido pensando come, negli anni Sessanta e Settanta, gli eruditi mettevano lapidi magniloquenti sul medievale Ludovico il Bavero mentre i viventi, invece, si sforzavano di immaginare come abitare il presente.Tra i viventi, bisogna ammetterlo, c’era il Comune di Grosseto che, in quegli anni, non aveva paura di osare, di sperimentare, di guardare avanti e oltre.

Un Comune rosso, ma non di vergogna, che fece costruire un bellissimo disco in cemento pronto in qualsiasi momento a volare sulla luna, dove non potranno mai arrivare lamenti nostalgici e falsi richiami identitari a un passato che non vuole passare».

Martedì 24 l’incontro alle Clarisse

Il palazzo più bello di Grosseto, l’ex Cosimini, sarà il protagonista dell’incontro in programma martedì 24 settembre alle 18 al Polo le Clarisse. 

Nella sala conferenze si parlerà del Complesso polifunzionale Cosimini di Ludovico Quaroni con gli architetti Giulio Basili, Enrico Contu e Maria Pia Marsili.

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