GROSSETO. Completo blu, camicia bianca, cravatta azzurra. Esce dall’aula gup con il sorriso sulle labbra. Ha appena chiuso l’ultimo conto che gli restava aperto con la giustizia italiana, Davide Pecorelli, l’imprenditore umbro che aveva fatto perdere le proprie tracce in Albania e che era poi ricomparso al largo di Montecristo, su un gommone. Stava andando a prendere il tesoro del conte, quando lo hanno fermato i carabinieri.
Da allora, dal 17 settembre 2021, quando è stato salvato dai forestali, la sua vita è diventata quella di un personaggio da romanzo. Gli ingredienti ci sono tutti: la fuga in Albania inseguito dai debiti, la voglia di farla finita, l’incontro con un prete con il quale organizza la messinscena della sua morte, il ritiro per 4 mesi in un monastero, l’incontro con una banda che lo incarica di andare a prelevare il tesoro (250 chili di monete d’oro a Montecristo), il naufragio e l’arresto.
Oggi, giovedì 4 luglio, Pecorelli, accompagnato dall’avvocato Andrea Castori, ha lasciato il palazzo di giustizia di Grosseto più leggero. Il giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Coniglio (pm Carmine Nuzzo) ha dichiarato estinto il reato, perché l’ex imprenditore ha chiuso i suoi conti con la giustizia italiana dopo aver svolto un anno di servizi sociali in un’associazione di volontariato.
La spada di Damocle dell’estradizione
Il tribunale di Arezzo, per il fallimento della società di Pecorelli, dieci negozi di parrucchieri e centri estetici e cinquanta dipendenti, ha accettato il patteggiamento, con la sospensione condizionale. A Perugia e Grosseto, grazie alla riforma Cartabia, l’ex imprenditore ha saldato il debito con la giustizia svolgendo lavori socialmente utili.
«Sono diventato soccorritore – racconta – ho seguito i corsi e ho svolto il servizio in ambulanza. Sono stato a contatto con la sofferenza degli altri e questo mi ha solo fatto bene. La mia vita è cambiata».
In Italia, i giudici hanno creduto nel fatto che Pecorelli potesse diventare una persona migliore di quella che aveva commesso i reati a lui contestati. «La prognosi è stata favorevole – dice l’avvocato Andrea Castori – a differenza di quello che sta succedendo in Albania, dov’è stata chiesta l’estradizione e dove dovrebbe scontare 4 anni in carcere». Da quando è stato soccorso a Montecristo, Pecorelli ha rigato dritto. «Ha fatto il buon padre di famiglia, si è messo a studiare e si è laureato – dice ancora l’avvocato – si è sposato. Ha dimostrato di essersi meritato la fiducia dei giudici»
In Albania, è stato condannato per truffa aggravata, violazione di sepolcri, attraversamento di confini. «Ma ha risarcito il danno – aggiunge Castori – quindi il reato di truffa, in Italia, sarebbe derubricato ad appropriazione indebita. Un reato per il quale non si scontano certo 4 anni in carcere».
L’estradizione: «Io cittadino di serie B rispetto alla Salis»
La Corte d’Appello di Perugia, lo scorso maggio, ha detto sì alla richiesta di estradizione per l’imprenditore. Ora, gli avvocati dell’uomo, Andrea Castori e Massimo Brazzi, stanno aspettando le motivazioni della sentenza prima di fare ricorso alla Corte di Cassazione. Poi la decisione spetterà al Ministero di Grazia e giustizia.
«Sul caso Marchesi (uno dei ragazzi accusato di aver partecipato con Ilaria Salis agli scontri in Ungheria, ndr), la Corte d’appello di Milano ha negato l’estradizione – dice Pecorelli – proprio perché non c’era proporzionalità tra le accuse mosse e quello che è realmente successo. Lo stesso vale per il mio caso. Sono contento che la Salis sia stata scarcerata e sia tornata a casa, ma la differenza di trattamento mi fa sentire un cittadino di serie B».
La nuova vita dall’altra parte dell’Adriatico
Davide Pecorelli, un passato da arbitro che ha fischiato anche in serie A accanto a Pierluigi Collina, di Grosseto non ha conosciuto solo l’isola del Giglio, Montecristo e Grosseto, dove si sono celebrate le udienze preliminari che lo vedevano imputato. «Ho fatto a lungo l’arbitro – racconta – Ricordo come se fossero oggi le giornate allo Zecchini, quando presidente del Grosseto era Pierluigi Camilli».
Dopo il fallimento, l’arresto e i processi, in Italia e in Albania, Pecorelli ha dato una svolta alla sua vita: si è laureato in Ingegneria informatica, ha partecipato al concorso per insegnare (e ha passato lo scritto), ha visto i suoi 4 figli crescere, si è sposato. «Viaggiavo con il Jaguar – ricorda – ora ho una Panda. E vorrei ricominciare a vivere, vorrei andare in Albania e ripartire daccapo con mia moglie che vive là. Ma ovviamente, vorrei andarci da uomo libero».
Con un passato da guardia del presidente delle Repubblica e da arbitro che ha attraversato anche 10 volte i campi di serie A, Pecorelli fino a 45 anni è stato un uomo quasi irreprensibile. Poi, con il fallimento, i creditori, i dipendenti che lo chiamavano al telefono piangendo, i suoi nervi non hanno retto.
«Sono ingrassato 30 chili, mi sono lasciato andare – dice ancora – Mi sono imbarcato in una nuova impresa in Albania, ho aperto una ditta di import-export di prodotti e macchinari per parrucchieri ma le cose non sono andate bene nemmeno là. Per questo a gennaio del 2021 ho deciso di scomparire».
La scomparsa e la ricomparsa a Montecristo
Da allora, quello che è successo in Albania è cosa nota. Dopo aver pensato di uccidersi, Pecorelli ha incontrato un prete che lo ha fatto desistere. E che lo ha aiutato a simulare la sua morte, mettendo le ossa trafugate al cimitero nell’auto presa a noleggio e incendiandola. «Doveva sembrare un incidente – spiega – invece è successo un disastro: hanno indagato mia moglie per omicidio, così come il suo ex. Le indagini li hanno poi scagionati».
Dopo mesi passati in una comunità, dove – racconta – piangeva ogni giorno, Pecorelli è salito su un autobus insieme a i pellegrini di Medjugorje ed è arrivato a Roma. «Ero d’accordo con delle persone che stavano organizzando il colpo sull’isola da 50 anni che una volta preso il tesoro avremmo fatto a metà – spiega – Così, prima di arrivare al Giglio, sono stato a Valona ad allenarmi».
Arrivato all’isola del Giglio, Pecorelli ha comprato pala e piccone. In albergo e al noleggio imbarcazione, però, ha dato un documento falso. «Era quello con il nome di un cliente del mio albergo che aveva dormito da me senza pagare – spiega – Io mi sono fino geologo».
«Ho visto le casse con il tesoro: le monete sono sull’isola»
Due i viaggi a Montecristo che l’imprenditore ha raccontato, sia alla Procura di Grosseto che a quella di Perugia. «Durante il primo – dice – ho visto le casse con le monete. Il tesoro è sull’isola».
Quella prima volta, però, l’ex imprenditore non aveva con sé il materiale per portare via quei 250 chili di oro che sarebbero nella parte est dell’isola. «La seconda volta – dice – le cose sono andate come tutti sanno. Mi hanno trovato i carabinieri per la biodiversità e mi hanno portato via».
La Procura di Grosseto, dopo aver fatto cadere l’accusa di ricettazione, è andata avanti con quella di autocalunnia. «Ci sarà un documentario – dice – su tutta la mia vicenda. E vi assicuro che la mia storia ancora non è finita. Ho fatto tanti errori, ma credo che presto ci saranno altri colpi di scena».
È contento Pecorelli, davanti al tribunale. Questo capitolo della sua vita si è finalmente chiuso. Ora, la speranza dell’imprenditore che si è al momento reinventato come sarto insieme alla moglie, è quella che il prossimo colpo di scena non sia il suo trasferimento in carcere in Albania.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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