GROSSETO. Costretti a lavorare per 8-10 ore al giorno, per 6 euro all’ora, al nero, dormendo in casolari fatiscenti, dove pagavano anche l’affitto, sottratto con minacce e violenza: queste le condizioni in cui sono stati trovati 70 “dipendenti” di due aziende agricole, che avevano terreni anche in Maremma.
Cinque persone, di nazionalità turca e marocchina, fra i quali il titolare delle aziende, sono state arrestate. Il titolare è finito agli arresti domiciliari, per gli altri quattro è stato disposto l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria.
L’inchiesta parte da Perugia, dove il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro (Nil) ha operato con i militari dell’Arma di Perugia, Grosseto e Siena nonché del personale del Gruppo Tutela Lavoro di Roma.
Gli indagati – di nazionalità turca e marocchina di età compresa tra i 35 e i 45 anni parenti tra loro, titolari di due ditte agricole e dimoranti nella provincia di Perugia – secondo le indagini avevano costituito una compagine dedita all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro.
Indagini partite da un anno, dopo una segnalazione di una coop sociale
Le indagini, condotte dal Nil di Perugia sono state avviate circa un anno fa, quando una Società cooperativa sociale con sede a Perugia, nell’ambito dell’emergenza sociale ed attiva anche per i servizi rivolti a persone vittime di sfruttamento e alla conseguente attuazione delle procedure di protezione in loro favore, ha segnalato il caso di un cittadino nigeriano, clandestino, sottoposto a sfruttamento lavorativo e violenze da parte degli indagati.
Da qui l’avvio di indagini nell’ambito delle quali sono emerse molte situazioni di sfruttamento.
I lavoratori reclutati per lavorare in agricoltura, guadagnavano in media 6 euro all’ora per lavorare tra le 8 e le 10 ore al giorno in aziende agricole tra Perugia, Grosseto, Siena ed Arezzo, in condizioni indegne e particolarmente faticose, senza alcuna dotazione di dispositivi di sicurezza, senza alcuna formazione e senza l’invio alle previste visite mediche, a fronte di un contratto che prevedeva 6 ore giornaliere.
Nel corso delle indagini è emerso che circa 70 stranieri erano stati oggetto di sfruttamento, tra cui moltissimi clandestini. Nel corso delle indagini molti di loro sono stati anche stati identificati e sentiti dai carabinieri.
Le condizioni igienico sanitarie in cui erano costretti a vivere erano precarie.
Quasi tutti alloggiavano in casolari fatiscenti dove per un posto letto pagavano mensilmente l’importo di circa € 150, somma che veniva sottratta con violenza o minaccia della già misera retribuzione percepita.
Simiani (Pd): «Servono più controlli e mirati»
«Ancora una brutta pagina di capolarato e di sfruttamento nel nostro Paese portata alla luce dalle indagini svolte dal Nucleo carabinieri ispettorato del lavoro nelle province di Perugia, Grosseto, Arezzo e Siena»: a dirlo è il parlamentare Pd Marco Simiani che insieme al collega Stefano Vaccari, fanno parte della Commissione Ambiente e Agricoltura della Camera.
I carabinieri hanno scoperchiato l’ennesima drammatica realtà con lavoratori sottopagati, senza tutele contrattuali e sanitarie e in completa assenza delle norme di sicurezza.
«Sapere che è stata sgominata una rete di padroncini in grado di fare l’intermediazione con aziende agricole incuranti della forza lavoro messa loro a disposizione non può certo bastare – dicono – Servono controlli più costanti e a tappeto per interrompere un fenomeno che si sta allargando in molte zone del Paese».
Per i due capigruppo, non serve solo attivare le forze di polizia rafforzando organici e tecnologie ma occorre attivare una rete di monitoraggio che comprenda istituzioni e realtà produttive.
«Solleciteremo il governo ad attivare tutte le misure perché la legge sul capolarato trovi concreta applicazione a cominciare dall’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola in cui è commesso il reato, dall’estensione alle vittime del capolarato delle provvidenze del Fondo anti tratta, dal potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura, dal graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo». concludono.
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