Contratti non adeguati, maxi risarcimento a 2 lavoratrici | MaremmaOggi Skip to content

Contratti non adeguati, maxi risarcimento a 2 lavoratrici

Il giudice ha riconosciuto l’interposizione fittizia di manodopera a due donne che lavorano nella grande distribuzione: disposto un risarcimento per più di 30.000 euro ciascuna
Il tribunale di Grosseto
Il tribunale di Grosseto

GROSSETO. Da una parte c’erano due lavoratrici della grande distribuzione, dall’altra la società Rica gest srl che le aveva assunte. In mezzo, il giudice del lavoro del tribunale di Grosseto Giuseppe Grosseto che ha riconosciuto alle due lavoratrici, entrambe assistite dall’avvocata Silvia Muratori, contratti non adeguati e l’interposizione fittizia di manodopera. 

Disponendo un risarcimento di oltre 30.000 euro ciascuna. 

Un punto vendita e più gestioni

Sono state diverse, dal 2013 ad oggi, le società che si sono succedute nella gestione del punto vendita dove lavorano le due donne. Società che non avevano applicato loro il contratto nazionale del Commercio, terziario e servizi ma quello relativo ai Multiservizi). 

Le due donne, dopo anni di lavoro, si sono rivolte al giudice per chiedere da una parte l’applicazione corretta del contratto e dall’altra l’adeguamento di retribuzione, calcolato in 22.955,84 euro ciascuna. Le due donne, sono state seguite dalla Fisascat Cisl, il sindacato al quale si erano rivolte. 

«Due sentenze importantissime, che mettono fine a una situazione di illeciti contrattuali e soprusi». Commenta così Simone Gobbi, segretario generale di Fisascat Cisl Grosseto, le sentenze emesse dal giudice del tribunale di Grosseto, sezione lavoro, a favore di due lavoratrici di un punto vendita della grande distribuzione che si erano rivolte a Fisascat Cisl. «Le due lavoratrici, assunte con il contratto nazionale della Multiservizi, da vari soggetti che si sono succeduti nel tempo per la gestione del punto vendita prestavano di fatto, a nostro avviso, servizio per l’azienda proprietaria del negozio e il giudice ci ha dato ragione».

 
Le due lavoratrici, rappresentante, per conto di Fisascat Cisl, dall’avvocata Silvia Muratori, hanno per anni lavorato con un contratto che non rispondeva alle loro mansioni «… e soggette – precisa Gobbi – a una continua incertezza circa il loro futuro lavorativo. Si è trattato, come conferma il giudice, di un caso di interposizione fittizia di manodopera, che è purtroppo una piaga che colpisce tutto il settore della grande e della media distribuzione».

Contratto di appalto illecito

 Soddisfatta anche l’avvocata Muratori che sottolinea: «Le due sentenze hanno accertato l’esistenza di un contratto di appalto illecito fra la società titolare del marchio e le varie società o cooperative che negli anni si sono susseguite nel punto vendita con l’unico scopo di “apportare” manodopera. Chi lavorava nel punto vendita, infatti, non era direttamente assunto da chi effettivamente gestiva il negozio ma da cooperative o società a cui formalmente veniva appaltato lo stoccaggio dei locali ma che in realtà servivano solo ad assumere i dipendenti che quindi, di fatto, svolgevano mansioni proprie del commercio, come commesse o cassiere, ma nella forma risultavano assunte come scaffaliste o addette al servizio di smistamento merci con applicazione del Ccnl Multiservizi. Il tutto con una consistente riduzione della retribuzione e contribuzione corrisposta rispetto a quella a cui invece avrebbero avuto diritto con il corretto inquadramento contrattuale, che poi è stato giudizialmente accertato, e che ha portato alla condanna della società titolare del marchio a pagare una consistente somma a titolo di differenze retributive».

Le due lavoratrici, infatti, hanno vissuto questa situazione per circa 7 anni e anche di questo il giudice ha tenuto conto nel riconoscere loro degli indennizzi che, complessivamente, ammontano a oltre 64mila500 euro.

«I risarcimenti economici che vengono attribuiti e che tengono conto anche del riconoscimento dell’effettivo livello nel contratto nazionale di lavoro del Commercio, terziario e servizi che alle due dipendenti spettava, sono esemplari e riconoscono a pieno il danno economico creato a queste persone. Mi auguro che queste due sentenze possano aiutare le persone a prendere coraggio e denunciare questi casi di “lavoro grigio” che sono sempre più comuni, purtroppo, in alcune aziende spregiudicate, che agiscono sul filo della legalità», conclude Gobbi.

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