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La polizia di Stato celebra il patrono San Michele – LE FOTO

La cerimonia ha avuto avvio in piazza Palatucci, alla presenza del picchetto in armi, terminando poi al Duomo
Polizia di Stato Cerimonia San Michele 2023
La celebrazione davanti alla questura di Grosseto

GROSSETO. Il percorso cerimoniale è iniziato alle 9. La polizia di Stato oggi, 29 settembre, ha celebrato la cerimonia del proprio Santo patrono: San Michele arcangelo.

La mattina ha avuto avvio in piazza Palatucci, alla presenza del picchetto in armi.

Sulla piazza dedicata all’onorato poliziotto nato a Montella, si affaccia la questura di Grosseto. E proprio sulla scalinata della questura, sotto al cippo in onore e memoria ai caduti della polizia di Stato, il questore di Grosseto, Antonio Mannoni, ha deposto una corona d’alloro, insieme all’Associazione nazionale della polizia di Stato (A.n.p.s.) e al parroco per la benedizione.

La cerimonia nel Duomo di Grosseto

Alle 10 la cerimonia si è spostata in centro storico. Nel Duomo è stata celebrata la tradizionale santa messa, officiata dal vescovo Giovanni Roncari.

La celebrazione ha raccolto le autorità locali, i rappresentanti delle altre Forze di polizia, il personale dipendente della polizia di Stato e dell’amministrazione civile dell’Interno, i familiari delle vittime del dovere.

Polizia di Stato Cerimonia San Michele 2023
La celebrazione in Duomo con il questore Antonio Mannoni e la prefetta Paola Berardino

Nel corso della celebrazione religiosa è stata letta, da membro della polizia di Stato, la “Preghiera a San Michele arcangelo”.

Al termine della cerimonia l’Associazione nazionale della polizia di Stato di Grosseto, con il questore, ha donato al vescovo un crocifisso in metallo realizzato da un artigiano locale, socio dell’A.n.p.s.

Cerimonia nel Duomo: le parole del vescovo

«Aiutiamo insieme le giovani generazioni a comprendere che la legge non è un capestro, ma è una mano che viene data alla nostra libertà. È un cammino in salita, ma le cose belle costano e noi siamo disposti a pagare per raggiungere questa bellezza». Così il vescovo Giovanni questa mattina ha esordito davanti alle donne e agli uomini della polizia di Stato che, con a capo il questore Mannoni, si sono ritrovati in cattedrale per celebrare il loro patrono, san Michele arcangelo.

Il Vescovo ha colto l’occasione di questa ricorrenza, celebrata sempre con grande coinvolgimento da parte del personale della polizia, per lanciare alcuni messaggi, che hanno tratto spunto dalla parola di Dio proclamata nella Messa e dalla cronaca. È stato infatti letto un brano dell’Apocalisse, che descrive la battaglia finale tra il male e il bene. «Una battaglia nella quale il bene di Dio avrà l’ultima parola – ha assicurato il presule – Certo – ha aggiunto – ci sarà sempre chi considererà noi cristiani come una manica di illusi o di persone che cercano di consolarsi … Per noi, però, questa certezza poggia su una parola che non è nostra ma di Dio e, dunqpurchén è vana consolazione».

«Purchè – ha precisato – siamo consapevoli che questa vittoria del bene arriverà grazie a Cristo redentore e all’impegno diretto di tante donne e tanti uomini che offrono la “parola della loro testimonianza” e che non sono autoreferenziali, non si mettono al primo posto assoluto, ma hanno saputo e sanno mettersi in gioco. E ringraziando Dio ci sono ancora persone che fanno loro questa logica di vita».

Il Vescovo ha voluto, però, lanciare anche altri messaggi. «L’uomo da sempre si interroga sul perché del male – ha detto – e le risposte date sono tante, alcune arrivano addirittura a sostenere che ciò che generalmente consideriamo male, in realtà non lo è. È la corruzione della coscienza … Ne abbiamo avuto un esempio in questi giorni – ha aggiunto – Un noto mafioso non voleva i funerali religiosi, perché tanto la Chiesa è corrotta… Dunque il corruttore dichiara gli altri corrotti… E’ un po’ come quegli uomini che usano violenza fisica sulle donne sostenendo che l’altra era succinta… dunque se la sarebbe cercata… In questo modo si arriva davvero alla corruzione della coscienza e a interpretare come bene ciò che oggettivamente è male! Ci si autoinganna…»

Alle donne e agli uomini della polizia, dunque, il vescovo ha consegnato un’ulteriore riflessione. «Voi rappresentate la legge, che dovrebbe educare la coscienza, perché quello che è male resta male e quello che è bene resta bene – ha detto – E l’uomo può giudicare il bene e il male grazie alla propria retta coscienza, che si forma in tanti modi. Certamente fin da bambini, purchè gli adulti abbiano il coraggio di dire no quando occorre il no e sì, quando è opportuno il sì. Ma la coscienza retta si forma anche nella libera discussione e, per chi ha il dono della fede, anche attraverso lo spirito di Dio».

E ha esortato il personale della Polizia: «Dovete, sì, reprimere, ma non basta. Dovete essere anche quelli che educano, attraverso l’esempio, attraverso tanti strumenti che l’intelligenza e l’esperienza umana ci mettono davanti».

E a proposito del dibattito sulle baby gang ha aggiunto: «Non si può approcciare il problema discutendo se serva repressione o educazione…sarebbe semplicistico. Come Chiesa scegliamo l’educazione: il bastone non ha mai convertito nessuno. Ha impressionato, impaurito, umiliato, ma non ha cambiato i cuori. Se, però, scegliamo l’educazione, ci vogliono gli educatori: famiglia, scuola, la Chiesa, le forze dell’ordine, lo sport».

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