GROSSETO. Condomini ostaggio di impalcature, lavori che partono e si fermano, cantieri bloccati. Quello che sta succedendo anche in provincia di Grosseto lo si vede a colpo d’occhio.
Non tanto e non solo sul fronte dei lavori fatti con il Superbonus 110, ma anche e soprattutto con quelli cominciati grazie al bonus facciata. Che rischia, in alcuni casi, di rivelarsi un boomerang per le famiglie che alla fine, a causa del meccanismo della cessione del credito, si troveranno costrette a pagare di tasca propria lavori che pensavano di fare gratis.
I numeri in Toscana
Impossibile trovare i dati provinciali, difficile fare una proporzione con quelli regionali. La Toscana è la quinta regione per immobili che hanno ottenuto il Superbonus con più di 30.000 edifici e 5 miliardi di euro di investimenti.
A raccogliere i dati, è l’Enea, che ha contato 33.690 cantieri di cui 4.381 edifici condominiali, 16.369 edifici unifamiliari e 12.940 unità immobiliari funzionalmente indipendenti ammessi al beneficio per un totale di investimenti pari a 5.174.194.549,49 di euro. Gli investimenti ammessi a detrazione sono 5.061.049.124,67 e di questi 4.719.100.131,56 sono a carico dello Stato.
Quasi 500.000 euro l’investimento medio per la ristrutturazione di ogni condominio.
Numeri che fotografano un fenomeno, quello dei lavori avviati grazie al Superbonus, che, con l’ultima novità introdotta dal Governo, che dal 2024 taglia lo sgravio del 40%, rischia di mettere ancor più in difficoltà non solo le imprese artigiane, ma anche le famiglie.
Cna Grosseto, in linea con Cna nazionale, parla chiaro: la proroga è necessaria per i condomini che hanno già iniziato i lavori, ma non nei termini nei quali si sta prospettando.
Lavori finiti entro il 2023 o niente bonus
A coloro che volessero sfruttare il Superbonus al 110 per cento o al 90% per tutto il 2023, non basterà anticipare le spese con un bonifico. Dovranno anche ultimare i lavori relativi. L’obbligo vale solo per le cessione del credito lasciando invece a coloro che portano il Superbonus 110 per cento in detrazione diretta, la possibilità di congelare lo sconto per le spese senza essere allineati con gli stati di avanzamento lavori.
Si tratta però di un’esigua minoranza rispetto a chi, invece, per poter riqualificare il proprio immobile con il Superbonus, ha scelto (senza molte altre alternative) di cedere il relativo credito.
Visto come una grande opportunità per i cittadini e per le imprese, il Superbonus 110, varato dal governo Conte il 19 maggio 2020 nel decreto Rilancio, era stato pensato per dare ossigeno alle imprese dopo i mesi di stop dettati dalla pandemia. E sarebbe servito anche a migliorare, dal punto di vita energetico, il patrimonio immobiliare esistente.
«Molte nostre aziende edili sono state caute – dice Annarita Bramerini, direttrice Cna – E da quando le banche hanno tirato il freno si è molto ridotto il rischio che si venissero a trovare in situazioni di grave criticità».
Una boccata d’ossigeno fino al blitz del Governo
Una misura che ha dato una boccata d’ossigeno per chi desiderava ristrutturare e per chi ha avuto opportunità di lavoro in più in un settore come quello edilizio che ha vissuto dieci anni di profonda crisi.
«Poi, quando sono usciti i primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate ma soprattutto le prime inchieste su nefandezze compiute da chi ha pensato di utilizzare la situazione per fare il furbo, se non il delinquente – dice ancora Bramerini – e quindi per fare business ai danni dello Stato e a volte anche dei cittadini e delle imprese serie, è cominciato quel susseguirsi di norme che in poco tempo hanno avuto cambi repentini».
«Stop and go, ci si ferma si riparte: questo ha creato una situazione di profonda incertezza che da un lato ha portato le banche a chiudere i cordoni della borsa e a non acquistare più i crediti per chi utilizzava il meccanismo dello sconto in fattura e quindi le aziende, diciamo quelle ormai navigate, si sono fermate perché hanno capito che tirava una brutta aria».
A qualcuno è rimasto qualcosa da avere: «Anche se sono solo una parte delle imprese coinvolte», dice la direttrice di Cna. E l’associazione di categoria si è adoperata, anche da Grosseto, per chiedere lo sblocco dei crediti che già le banche avevano in pancia. «Perché – aggiunge Bramerini – la mancanza di liquidità è un tema serio».
Che non ci sarebbe stato più nulla da fare, Cna se n’è resa conto con il decreto del 16 febbraio, quello approvato nottetempo e subito entrato in vigore, che bloccava completamente la cessione dei crediti.
Il rischio del privato in collo alle aziende
Ma qual è stato l’allarme lanciato in tempi ancora non sospetti dalla Cna, non solo riguardo al Superbonus 110, ma anche a tutti gli altri bonus che si basavano sul meccanismo della cessione del credito?
«La posizione di Cna è sempre stata chiara, ovvero abbiamo sempre sostenuto che la cessione dei crediti non avvenisse tra il committente e la ditta che avrebbe effettuato i lavori – aggiunge Bramerini – perché si sapeva che questo comunque avrebbe potuto innescare situazioni un po’ perverse, scaricando sulle aziende il rischio, facendo loro anticipare un beneficio fiscale di competenza dello Stato. Noi eravamo dell’opinione che la cessione dovesse essere fatta direttamente dal cittadino alla banca, senza utilizzare come intermediario l’impresa».
L’obiettivo era il recupero del patrimonio immobiliare, in Italia spesso fatiscente e rilancio del settore edile. «Questo obiettivo è più che condivisibile – dice la direttrice di Cna – anche se in realtà la misura si è rivelata meno popolare del previsto, perché al beneficio non sempre sono riuscite ad accedere le persone in difficoltà economiche. Oggi tra i requisiti per l’accesso al superbonus degli edifici unifamiliari (le cosiddette villette) è stato introdotto un limite sul reddito che si basa sul quoziente familiare, che fa riferimento comunque a una categoria di soggetti che difficilmente può permettersi di pagare una ristrutturazione».
Cantieri fermi e contenziosi che viaggiano
Il colpo d’occhio, in città, ma anche in altre zone della provincia, è quello di una trasformazione in atto che però si è fermata. Perché sono decine i cantieri che sono rimasti al palo per la mancanza di liquidità che segue al blocco delle cessioni del credito.
«La banca è un privato – spiega Ilaria Chechi, coordinatrice provinciale di Cna costruzioni – e nessuno può imporre loro di acquistare crediti che non ritengono sicuri. Chiaramente, se ci vedono un margine di rischio, possono decidere di non comprare».
Anche Poste e Cassa depositi e prestiti, braccia operative dello Stato, si sono bloccati e hanno smesso di acquistare crediti perché hanno scoperto di averne acquisiti di “tossici”.
«Questo è successo soprattutto con il bonus facciata che dava la possibilità di fare lavori non al 110 ma al 90%. Inizialmente non c’era su questo beneficio fiscale alcun tipo di controllo o di prezziario imposto dalla normativa. Ed è chiaro che le frodi si sono moltiplicate. Chi c’ha visto il business, ne ha approfittato. Bastava presentarsi con una fattura per avere l’erogazione del bonus corrispondente, senza che venisse fatto alcun controllo, nemmeno sulla congruità dei prezzi».
Per arginare questa situazione, a fine novembre 2021 è stato emanato il primo decreto anti frodi. E con l’impossibilità di utilizzare i crediti quasi fossero una moneta, si è bloccato tutto il sistema: Cassa depositi e prestiti e Poste hanno smesso di acquistare i crediti, le banche hanno cominciato a rimandare la pratiche e a chiedere più documenti.
«Chi aveva avviato i lavori attraverso stati di avanzamento – spiega Chechi – si è trovato poi a interromperli perché non ha potuto riscuotere e non ha quindi potuto realizzare gli step successivi del progetto (chiamati Sal: stato avanzamento lavori)».
Per pagare le spese di ristrutturazioni, di solito, in mancanza di disponibilità economiche, si prende il mutuo. «Ma con il superbonus facciata non esisteva nemmeno più la contrattazione – dice ancora – perché con il meccanismo dello sconto in fattura non si pagava nulla. Il mercato è stato viziato e i prezzi, oltre a quelli delle materie prime che sono aumentati, sono schizzati alle stelle».
Fornitori e dipendenti a bocca asciutta
All’inizio del superbonus le banche compravano i crediti, se non a 110, a 108, ritagliandosi un margine minimo di guadagno. Ma quando la cessione del credito è stata bloccata, gli istituti hanno cominciato a stabilire loro il prezzo.
«Anziché comprarlo a 108 – aggiunge Annarita Bramerini – nella migliore delle ipotesi hanno comprato i crediti a 70 o 80%. L’imprenditore che aveva però avviato il cantiere stipulando un contratto con il cliente, si è visto pagare meno e ha dovuto rimetterci la differenza».
Sono 700 le aziende che compongono il comparto edile e impiantistico di Cna. Imprese che per fortuna non hanno avuto lo stesso destino di chi nell’affare superbonus ci si è tuffato.
E ora, quella che si sta aprendo, è la stagione dei contenziosi. E, di fronte ai contratti firmati per i lavori e non onorati, stanno cominciando ad arrivare i primi decreti ingiuntivi. Decreti e contenziosi avviati soprattutto su richiesta dei condomini che sono “intrappolati” dalle impalcature.
«Il problema che si avrà nel futuro – dice la coordinatrice provinciale degli edili di Cna – è quello di affrontare il tema dell’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare. Tema che in parte era stato affrontato dal Superbonus 110».
Superbonus che avrebbe funzionato, probabilmente, se davvero fosse rimasta una soluzione emergenziale. Le proroghe continue hanno creato la situazione che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Una situazione, la cui soluzione, sembra lontana dall’essere trovata.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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