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Sanità: «Mancano infermieri e Oss, bisogna invertire la tendenza»

Il presidente dell’Opi di Grosseto, Nicola Draoli: «Da anni invochiamo la costituzione di una consulta. Ora i tempi sono maturi per lavorare uniti»
L'opinione sanità Nicola Draoli
Nicola Draoli

Di Nicola Draoli

Gentile redazione di Maremma Oggi, apprezzo molto il vostro corner “L’Opinione” e vorrei contribuire anche io, ovviamente, sul tema sanità

Un tema che ci riguarda tutti da vicino e va, quindi, messo in conto l’interesse e il dibattito che ne conseguono. Un tema molto complesso in cui la complessità non è una scusante ma un concetto intellettualmente onesto da dichiarare.

Mi fa estremamente piacere che vi siano interventi bipartisan e che tutti concordino sull’importanza di mantenere un sistema a fiscalità generale e sulla necessità di aumentare sia l’organico in servizio che i servizi. Che vi siano pochi professionisti, tra cui gli infermieri, è un dato locale così come lo è nazionale.

Il numero dei professionisti in servizio è intanto falsato da un dato importante: le stime ci dicono che l’11,8% degli organici di Asl e ospedali presenta inidoneità fisiche che ne limitano la mansione svolta e, di questi, il 7,8% presenta inidoneità parziali permanenti. Lo 0,4% raggiunge invece un’inidoneità totale.

In Maremma pochi laureati in infermieristica  

Concordo con il sindaco Vivarelli Colonna quando parla di mancata attrattività per i professionisti. Vi è anche una mancata attrattività verso alcune professioni sanitarie e verso alcune specializzazioni mediche. Su questo, però, dovremmo impegnarci tutti, come ad esempio ha fatto il Comune di Grosseto istituendo tre borse di studio per gli studenti in infermieristica.

Dal nostro canto sono stati molti i tentativi con gli istituti superiori, così come con la Fondazione polo universitario di promuovere la professione. Grosseto, riguardo alla carenza di attrattività professionale, ha una media di 12 laureati in infermieristica per 100mila abitanti, inferiore a quella nazionale di 17 su 100mila – In Europa i laureati in infermieristica ogni 100mila abitanti sono 43.

A questo aggiungo che il nostro Ordine ha 1700 iscritti da quasi 15 anni: non salgono e non scendono.

Occorre comunicare meglio i risultati positivi della sanità locale

In secondo luogo vi è un tema comunicativo. Se quello che i giovani leggono quotidianamente sul nostro territorio e sulla professione in generale descrive un ambiente malsano e improduttivo, aumentare l’attrattività è un problema. Lo dico principalmente a me stesso in quanto, sotto la mia presidenza, l’Ordine ha sempre cercato di affiancare una narrazione veritiera e, quando serve, di denuncia ad una narrazione comunque onesta per i tanti percorsi positivi che abbiamo (l’ultimo è stato un bello speciale su TV9 sui talenti della professione).

Eppure, sostenere i risultati positivi sia della professione, che dell’Azienda che della Regione, mi ha valso spesso lamentele e accuse – in un caso clamoroso pubblicamente come fossi un segretario di partito – di piaggeria per motivi personali. Ebbene, laddove veritiera, è corretto sostenere anche, non esclusivamente ma anche, una narrazione positiva.

Altrimenti incrementiamo la perdita di attrattività e favoriamo, lo dico per esperienza concreta, anche il malumore dei cittadini e l’aggressione ai colleghi.

Penalizzati dalle condizioni geografiche

Infine vi è un tema di attrattività che è soprattutto geografica. In un quadro generazionale diverso, certificato dalla sociologia del lavoro e che ha nomi altisonanti come quiet quitting e great resignation, assistiamo a rinunce nella nostra provincia di tempi indeterminati soprattutto su zone geografiche non centralissime. Nel frattempo ci sono colleghi che vorrebbero rientrare ma che per i tortuosi meccanismi, seppur vi sia stato un grande lavoro di snellimento, dal punto di vista concorsuale e di mobilità definiti dal contratto collettivo nazionale e dalle norme uniche per il pubblico impiego, non riescono.

In tutto il mondo, anche nei sistemi che hanno una componente pubblica, le chiamate sono dirette dopo adeguate valutazioni e le referenze hanno un peso sano. Quando in un mio recente comunicato stampa ho parlato di riformare questi aspetti ne ho parlato con senso di causa molto pragmatico.

Mi piace molto la chiamata ad un impegno comune. L’Ordine è anni che la invoca anche con la costituzione di una consulta che non ha mai visto la luce.

Pochi infermieri, bisogna invertire la tendenza

Se si va a indagare il numero degli infermieri abbiamo una cifra che si attesta sul’8,6% ogni 1000 abitanti in Europa, contro il 6,6% della media italiana e grossetana. Non consola sapere che in provincia di Grosseto abbiamo la stessa media italiana di infermieri, notevolmente più bassa della media europea, perché è la tendenza e il contesto della provincia che fa preoccupare.

Abbiamo troppo pochi neolaureati mentre sappiamo che il nostro sistema sanitario ha bisogno di immettere nuovi infermieri. Anche il numero di personale infermieristico in rapporto ai medici è più basso rispetto alla media italiana che è sua volta più bassa rispetto alla media europea: in UE questo rapporto è di 2,2 %, mentre in Italia si attesta al’1,6% e in provincia di Grosseto al’1,2. Ci dice, in sostanza, che la carenza infermieristica è ben più grave di altre carenze.

Si tratta di una tendenza preoccupante per il futuro della sanità in questo territorio. Dobbiamo insistere, come diciamo da tempo, nel creare modelli organizzativi e formativi, con retribuzioni adeguate e differenziate, più attrattivi per i nostri giovani o avremo una comunità locale e un paese che, mentre invecchia chiede maggiori risposte assistenziali non trovandole.

Mancano 3-4 milioni di euro per la sanità italiana

Tutto questo però non lo possiamo invertire se le previsioni del finanziamento al sistema sanitario nazionale sono per il 2025 sotto il 6% del Pil e su questo ha piena ragione Giacomo Termine. Vi è un tema di finanziamento e di normativa centrale che è necessario cambiare perché a cascata si riflette sulle Regioni e sulle singole Aziende. Non è un caso che il ministro Schillaci abbia recentemente dichiarato che per la Sanità servono 3-4 miliardi in più da destinare prioritariamente agli incentivi per il personale in modo da rendere più attrattivo il Ssn, così come preoccupa molto il taglio dei fondi al Pnrr.

Poi, appena possibile, va superato il tetto di spesa sul personale perché, anche questo va detto chiaramente, vi è ancora un legge che obbliga le aziende a non assumere più del personale in servizio al 2004 meno l’1,4%. Questa limitazione parla davvero da sola.

Più investimenti sull’assistenza territoriale

Per uscire da questo quadro complicato è anche necessario investire sulla sanità territoriale. L’ospedale e il pronto soccorso devono decongestionarsi, devono diventare un luogo solo ed esclusivamente per acuti.

Nel dibattito politico oggi si parla ancora troppo poco di territorio. Si è investito molto nel territorio ma è necessario farlo ancora di più: credo che le parole aiutino a creare la realtà, e non viceversa, per questo mi piacerebbe ogni volta che si parla di difficoltà ospedaliere abbinarci anche la questione dell’investimento sul territorio.

Se non spostiamo quest’asse culturale, non riusciremo mai a rendere le strutture ospedaliere più adeguate ed in grado di fornire risposte adeguate. E quando si parla del territorio dovremmo parlare, e lo si fa molto poco, non solo di medicina generale ma molto della componente infermieristica e soprattutto sociale che fa la differenza anche più di quella sanitaria: progetti sociali di co-housing, di centri diurni, supporto alle non autosufficienze e alle disabilità, tutto il tema enorme della salute mentale per fare degli esempi, le strutture residenziali e gli ospedali di comunità che sembrano essere una diminutio del sistema ed invece sono un valore aggiunto. Spesso i problemi sanitari non acuti sono problemi sociali travestiti da problemi sanitari.

Non solo infermieri, mancano anche gli Oss

Ultimo, cominciamo anche a notare una situazione particolare. Mentre il dibattito è molto medico centrico, non solo è bene ricordare che la carenza maggiore l’abbiamo tra gli infermieri (e anzi, a dirla tutti non sono pochi i medici anche illustri che non solo lo dichiarano ma proprio per questo sono anche contrari all’aumento dei posti di laurea in medicina, perché il problema è una corretta programmazione delle specializzazioni e non il numero assoluto di laureati in medicina), ma abbiamo anche un’altra drammatica carenza: quella degli Oss.

Manca soprattutto il personale calibrato in modo ottimale e per questo spingo sul concetto di competenze e specializzazioni e non solo sui numeri. Il sistema lo si può riformare e sostenere non con un rimpiazzo di singole professioni ma anche e soprattutto con un cambio di competenze delle professioni. Sicuramente oggi, oltre agli infermieri e ai medici di medicina generale in particolare, mancano molti Oss che, non essendo costituiti in ordini o associazioni o registri, sono più difficili da “conteggiare”.

Voglio chiudere con un invito: se le parti politiche, di estrazione diversa, vogliono davvero contribuire a un dibattito generale e inclusivo l’Opi e la mia presidenza pro tempore è disponibile, come lo è sempre stato per chiunque.

Presidente Opi Grosseto

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