PUNTA ALA. Nel cuore di Punta Ala, una luce speciale brillava ogni notte, guidando le anime in cerca di divertimento e spensieratezza verso un luogo che avrebbe segnato i loro ricordi per sempre: la leggendaria discoteca Black Sun.
Questo iconico tempio della musica e della gioia ha lasciato un’impronta indelebile nei cuori di chiunque abbia avuto – e sono stati tantissimi – il privilegio di varcarne la soglia, diventando un rifugio di emozioni e un faro di ricordi.
Oggi, al posto della discoteca c’è un albergo con poche camere e tanta suggestione: quella che è sempre stata creata dalla piramide in vetro e acciaio che sovrastava la pista da ballo. Piramide sotto la quale si ballava bagnati a volte dalla condensa.
Non importava: la voglia di essere protagonisti di quelle notti era più forte di qualunque disagio. E un po’ di condensa non poteva fermare i ragazzi che arrivavano da mezza Toscana per conquistarsi un posto nel locale.
Il giardino dei sogni di Jimmy Betti
Ogni sera alla Black Sun era un’esperienza unica e indimenticabile. Oggi, di quelle serate, restano un caleidoscopio di ricordi che affondano negli anni in cui ci si muoveva anche dal resto della Toscana per andare a ballare sotto alla piramide di Punta Ala.
Se c’è qualcuno che quelle stagioni in cui migliaia di ragazzi affollavano la discoteca o cercavano di accaparrarsi un tavolo nel privé, le ha vissute dalla prima all’ultima è Jimmy Betti, che del Black Sun è stato prima cliente, poi pr e infine gestore insieme a Maso Franci, l’indimenticabile patron del Four Roses.
«Fu lui a chiedermi di entrare in società e gestire insieme il Black Sun – racconta Betti – Ettore Castelluzzo aveva deciso di vendere per trasferirsi all’estero. Io in quel locale ci ero entrato da cliente e di lì a poco sarei stato il gestore: per me fu una grande occasione, ma anche un onore guidarlo».
È con la gestione di Betti che la discoteca di Punta Ala fece quel salto di qualità che la portò ai vertici della nightlife: fu creato il giardino esterno, il privé che Betti volle per accogliere i clienti più grandi.
«Il giardino nacque sull’onda di quello che c’era fuori – dice ancora Betti – io frequentavo diversi locali all’epoca, in Versilia come sull’Adriatico e per arredare il giardino del Black Sun ero andato anche alle fiere di settore come quella di Massa Carrara. Non c’era nulla di lasciato al caso e il pubblico lo apprezzava: tra i nostri clienti c’erano nomi del jet set, della televisione. Il locale funzionava molto bene: dentro, sotto la piramide, la clientela era giovane. In inverno i grossetani si ritrovavano tutti ì, in estate c’erano i ragazzi mentre le persone più grandi affollavano il privé».
Due gli ingressi, due i tipi di pubblico. Erano tempi, i primi anni duemila quando Jimmy Betti mandava avanti la discoteca, in cui si faceva ancora la selezione all’ingresso. Al Blacksun non si entrava con le scarpe da ginnastica e nemmeno senza camicia.
Gli anni d’oro incrinati dalla burocrazia
La realizzazione del residence davanti al Blacksun, una decina d’anni dopo il boom, segnò l’inizio dei problemi.
«A volte personaggi come il giornalista Minoli – dice Betti – che frequentava allora il Black Sun, mi chiamano ancora per chiedermi se non abbia voglia di riaprire. Ma è un’impresa enorme tirare su un locale oggi, la burocrazia frena questo tipo di impresa. La fine del Black Sun cominciò quando fu aperto il residence lì davanti: cominciarono ad arrivare esposti per il rumore, rifacemmo tutto l’impianto. Anche la struttura aveva bisogno di essere ristrutturata e quindi decidemmo di lasciarla».
Tre le gestioni che si sono susseguite fino alla chiusura, l’ultima delle quali firmata Cantini e Glovi.
«È stato un vero peccato – aggiunge Betti – perché Punta Ala avrebbe bisogno ancora di uno spazio come quello – dice – Noi a quei tempi andavamo a sciare ad esempio a Madonna di Campiglio perché la sera c’erano locali da frequentare. Il Black Sun a Punta Ala dava un servizio, era un posto dove andare a passare qualche ora di divertimento senza che i ragazzi, anche i più giovani, corressero rischi. Oggi i giovani sono tutti con il telefonino in mano, vivono sui social e da 25 anni in su, se vuoi portarli in un locale devi proporre musica dal vivo. La formula che ha trovato per esempio Giannino all’isola d’Elba».
Di quel periodo, del suo locale, Betti porta nel cuore i momenti più belli. «Il più emozionante in assoluto è stato quando abbiamo inaugurato il giardino – dice – era pieno zeppo. A un certo punto dovemmo smettere di far entrare la gente, che rimase fuori ad aspettare. Fu una serata straordinaria. Il lunedì mi chiamavano per prenotare il tavolo per il sabato: queste sono emozioni e sensazioni che oggi non si provano più».
La sperimentazione in pista
L’ultima gestione della discoteca, dal 2010 al 2013, è stata invece firmata da Massimiliano Cantini, con la direzione artistica di Guglielmo Glovi: ogni serata di apertura, il successo era confermato dal pienone, dalla fila davanti alla porta, dagli eventi organizzati sotto alla piramide nera. Serate che gli stessi Cantini e Glovi portano ancora nel cuore, con un misto di nostalgia e orgoglio.
Glovi però, al Black Sun, c’era arrivato parecchi anni prima come pr. «La magia la sentivi nell’aria – ricorda – per tante persone venire al Black Sun voleva dire tagliare un traguardo. Per chi invece ci lavorava, significava creare divertimento ma anche organizzare serate che portassero una ventata di novità grazie alla presenza di djs e artisti all’avanguardia».
Basti pensare che nel 2011, sotto la direzione artistica di Glovi, al Black Sun fece tappa Il Circo nero.
Ma c’era un appuntamento, su tutti, che i ragazzi negli anni cercavano di non farsi scappare: quello con la Pasqua al Black Sun. «Quella serata la organizzava Vincenzino – dice ancora Glovi – arrivavano ragazzi da Arezzo e Siena, i tavoli si moltiplicavano e la fila fuori era sempre impressionante. Una volta nello spazio in cui entravano 30 tavoli riuscimmo a metterne 52».
Amori nati sotto la piramide
Una discoteca vera che si trovava in un posto considerato “strategico” anche per altri motivi. Come ad esempio i lunghi baci sulla spiaggia, il parcheggio in pineta che permetteva alle coppie che nascevano o a quelle già consolidate di appartarsi.
Dalla pista del Black Sun, insomma, è passata la vita intera di tanti giovani. «Chi ha oggi più di 40 anni – ricorda Glovi – ha ancora ben in mente dove abbia dato il primo bacio al Black Sun, o dove erano dislocati i gruppi all’interno della discoteca». Era come un rito entrare al Black Sun, trovare la propria postazione (quasi sempre la stessa), restare lì con il gruppo di amici, bere, ballare e divertirsi. «Ci sono state persone che si sono conosciute in quella discoteca – aggiunge Glovi – e che oggi sono sposate e hanno figli».
Sotto la piramide un albergo di lusso
Il fabbricato originario che per decenni ha ospitato il Black Sun rappresenta un esempio unico di architettura degli anni Sessanta e fu costruito dalla società Punta Ala e dichiarato abitabile il 6 giugno 1962 proprio con la destinazione d’uso di night-club.
Il nome scelto per il locale sulla spiaggia di Punta Ala era “Voce del mare” e fu acquistato dal commendator Roberto Polito che, dopo l’incendio scoppiato nel 1982 lo fece ricostruire sul progetto dell’architetto Walter di Salvo nel 1984. Un’autorità nel suo settore, solo a Punta Ala progettò una serie di opere, fra le quali il bar “La Vela” (1960), la chiesa della Consolata (1961), villa Rusconi e villa Marzocchi (1962), villa Nanni (1963), villa Di Gravio e ristorante bar “La Bussola” (1965).
Così il Black Sun fu riaperto, cambiandone lo skyline e introducendo la forma a piramide di vetro della copertura della sala centrale: in quegli anni, il locale cominciò a passare di mano tra varie proprietà e varie gestioni, fino alla chiusura avvenuta nel 2013.
La piramide del Black Sun, elemento architettonico che lo ha reso un’icona nel mondo dei locali notturni, è stata costruita prima di quella del Louvre.
Dalla chiusura alla rinascita del Black Sun sono passati dieci anni. Dieci anni in cui lo stabile è stato abbandonato, in cui sono state raccolte firme per riaprirlo. Ma quella vecchia piramide ormai relegata al simbolo della morte di un’epoca, quella delle serate con migliaia di persone che ballavano, si divertivano, si conoscevano e s’innamoravano, era rimasta lì.
E quell’immagine continuava a provocare un gran dolore al commendator Polito, che ha deciso di riacquistarlo e trasformarlo in un albergo di alto livello. Il progetto della nuova struttura è stato realizzato dall’architetto Claudio Valdrighi che ha conservato la tipica copertura a piramide: i lavori si sono conclusi a luglio di quest’anno. La struttura che unisce il rispetto del progetto originario all’attualizzazione e rispetto dell’ambiente ed efficientamento energetico si chiama Cala Beach.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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