FOLLONICA. È una vicenda dolorosa quanto incredibile quella finita nell’aula del giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Grosseto Marco Mezzaluna. Una vicenda di maltrattamenti e violenza nei confronti di una donna di 73 anni, che due anni fa è riuscita a mettere la parola fine alla relazione con il suo compagno, un uomo di 78 anni. Che ora è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione e al pagamento di 5.000 euro di risarcimento.
Relazione durata più di trent’anni dalla quale è nata anche una figlia. Che è stata “disconosciuta” dal padre durante l’esame in tribunale. Disconosciuta per difendersi dalle accuse della ex compagna che lo aveva denunciato.
Trent’anni sottomessa e picchiata
Per trent’anni, la casa della donna è stata poco meno che un inferno in terra. Perché le offese continue («sei handicappata, non capisci niente, ti devo sopportare») e le parolacce, erano all’ordine del giorno.
Offese alle quali spesso si erano anche aggiunte le botte, che avevano costretto la donna – siamo nel 2014 – a farsi medicare al pronto soccorso dov’era arrivata con una frattura a una costola provocata da un cazzotto.
Difeso dall’avvocato Roberto Ginanneschi, l’anziano era stato denunciato nel 2021 dalla sua compagna, che non voleva più saperne di stare con lui. Gli era stato applicato il divieto di avvicinamento, ma dopo qualche mese il giudice era stato costretto a disporre il carcere. Perché, al telefono con la figlia trentenne, le aveva detto: «Se un giorno, per caso, va a fuoco casa … o magari tua mamma casca dalle scale, chi sa…», facendole intendere che avrebbe potuto fare del male alla donna. Minacce che la figlia della coppa aveva riportato ai carabinieri e che avevano fatto aprire la porta del carcere per il settantottenne.
«Se non gli piace come cucino mi getta il piatto addosso»
La relazione tra i due, che hanno convissuto per trent’anni, era diventata problematica dopo poco: il settantottenne beveva e si sfogava sulla donna, che non poteva avere hobby e nemmeno amicizie. «Non gli piace come faccio le cose – aveva raccontato la settantatreenne al giudice – quando cucino, se non gli piace, prende il piatto pieno di pietanze e me lo getta addosso o per terra. Ho comprato un abito per una cerimonia e mi ha detto: “Perché lo compri, tanto muori”».
La donna, assistita dall’avvocato Davide Novelli, ha l’hobby della pittura. «Ma quando faccio una mostra con le mie amiche – aggiunge – lui mi urla che devo stare a casa e che non devo fare niente».
Una volta, l’uomo ha preso tutti i quadri realizzati dalla donna e li ha bruciati.
«Non ho mai vissuto con lei e non ho una figlia»
L’uomo, dopo aver chiesto due rinvii per legittimo impedimento, il secondo del quale rigettato dal giudice Mezzaluna, è stato portato dai carabinieri in tribunale per essere sentito nel corso del processo, che si è svolto con il rito abbreviato. Durante l’interrogatorio, ha negato tutto dicendo di non aver convissuto per trent’anni con la donna ma di essere stata ospitata nell’ultimo anno.
Ha anche negato che la trentenne fosse sua figlia, preannunciando di voler chiedere l’esame del Dna. E aggiungendo che la donna «è inferma di mente e mi ha detto un legale che un infermo non può né denunciare né accusare».
«Un tentativo tanto disperato quanto ingenuo – scrive il giudice nella sentenza – si veda la voce dal sen sfuggita sul fatto che un infermo di mente non potrebbe denunciare o accusare nessuno come assicuratogli da un fantomatico legale».
L’uomo ha cercato di negare l’evidenza, dicendo anche che voleva fare il test del Dna alla figlia, pur di screditare l’ex compagna.
Una difesa, quella del 78enne, che però non ha fatto alcuna breccia nel giudice: l’uomo è stato condannato.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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