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A casa con il Covid, ma non è nella lista dei casi da seguire

La storia di una ragazza di 27 anni, grossetana, in isolamento domiciliare, alle prese con i paradossi organizzativi
Cure domiciliari per i pazienti con il i covid

GROSSESTO. Una mela marcia rovina la cesta, si dice. Così come, basta la scasa sensibilità di pochi a gettare discredito sul lavoro di molti, di tanti, medici e infermieri, personale sanitario in genere, che ogni giorno si prendono cura di chi è in isolamento domiciliare, malato di Covid.

Così può capitare di sentirsi soli e abbandonati dall’istituzione che deve prendersi cura, anziché essere al centro di un sistema che garantisce il monitoraggio quotidiano dell’andamento dell’infezione, per intervenire tempestivamente in caso di peggioramento delle condizioni di salute.

È successo poco meno di una settimana fa una ragazza di 27 anni, grossetana, che, malgrado due dosi di vaccino, si è ritrovata con un’infezione da coronavirus, insieme al fidanzato, un 31enne grossetano, anche lui vaccinato, con il quale sta tuttora condividendo la fase di malattia e isolamento.

I due, sintomatici, hanno scoperto di avere il Covid la scorsa settimana. Lei con febbre, difficoltà respiratoria e affaticamento, lui con meno problemi, ma comunque sintomatico. Per loro il protocollo della presa in carico domiciliare sarebbe dovuto scattare subito, ma in realtà sono stati chiamati dal medico dell’Usca due giorni dopo.

A dire il vero, a parte il ritardo, a essere chiamato è stato solo il ragazzo, perché il nome di lei, per qualche motivo non risultava dalla lista delle persone da contattare in carico all’Usca. Essendo in isolamento insieme al fidanzato, al momento della telefonata a lui, ha chiesto perché anche lei non fosse stata contattata per il monitoraggio. Risposta: il suo nome non era nella lista dei pazienti Covid a domicilio, sintomatici, da chiamare ogni giorno. Dunque, se non si fosse trovata in casa con il fidanzato, non sarebbe stata chiamata?

Al fidanzato, inoltre, è stata fatta un’intervista sulle condizioni di salute e gli è stato chiesto di fare alcuni esercizi e riferire eventuali sintomi per valutare il suo stato generale come prevedono i protocolli, ma a lei no. A quel punto ha deciso di chiedere spiegazioni dal telefono del compagno.

«Quello che più mi è dispiaciuto – spiega la ragazza – è stato il modo sgarbato con cui l’operatrice dell’Usca mi ha risposto. Non ha saputo dirmi perché io non ero in lista e cosa dovessi fare e alla mia insistenza ha detto che avrei dovuto essere io a chiamare, se fossi peggiorata. Poi ci hanno detto di procurarci un saturimetro, che abbiamo dovuto acquistare per 90 euro in farmacia, considerando anche che noi non possiamo uscire».

«Inoltre, alla mia domanda su quali farmaci potevo assumere, dato che avevo la tosse e stavo piuttosto male, mi ha risposto di prendere quello che uso di solito. Nel caso specifico quello consigliato dal medico di base, ovvero un antinfiammatorio e, se fossi peggiorata, dovevo essere io a chiamare. Mi rendo conto che siamo in tanti da seguire a casa, ma un po’ di gentilezza e informazioni più chiare sarebbero gradite. Alla fine – conclude la ragazza – ho dovuto ricorrere a un amico medico per avere più indicazioni, sapere quali farmaci prendere e come comportarmi in caso di peggioramento».

«So che tante altre persone sono state, invece, seguite bene, con attenzione e, mi si passi il termine, maggiore comprensione. Quello che ci vuole per uno stato emotivo, quello del malato di Covid, segnato da timori, paure, isolamento e senso di solitudine».

La risposta della Asl

«Per quanto riguarda l’attività dei medici Usca – precisa una nota della Asl in merito alla segnalazione della ragazza – questo in sintesi è il protocollo per i malati presi in carico: le Usca ogni giorno controllano i cittadini con tampone positivo del territorio di loro competenza e li contattano entro le 24 ore. Se la persona è asintomatica, viene lasciato un contatto telefonico da chiamare nel caso cambino le condizioni cliniche. Le persone con sintomi, anche pochi, vengono contattati telefonicamente tutti i giorni. Per quanto riguarda i saturimetri viene sempre chiesto se le persone ne hanno uno in casa, altrimenti viene consegnato».

In realtà, alla coppia che ha segnalato il caso, il saturimetro non è stato consegnato, ma hanno dovuto comprarlo.

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