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102 anni fa, la strage fascista di Roccastrada

Il 24 luglio 1921, la “roccaforte rossa” venne messa a ferro e fuoco dalle squadracce che uccisero 11 civili a sangue freddo. L’eccidio ebbe un’eco vastissima in tutta Italia ed è rimasta una delle pagine più violente della storia della Maremma
L'attuale piazza Gramsci, come era negli anni 20. Fotogramma dal film di Luigi Zannetti
L’attuale piazza Gramsci, come era negli anni 20 quando veniva chiamata Tagliavacche. Immagine tratta dal film di Luigi Zannetti

ROCCASTRADA. Renato Checcucci cadde sotto i colpi fascisti nel giorno del suo 23° compleanno, il 24 luglio 1921. Con lui, nell’attacco squadrista a Roccastrada di 102 anni fa, morirono Vincenzo Tacconi, detto “Grucci”, invalido di guerra, Luigi Nativi, Giuseppe Regoli, Tommaso Bartaletti e suo figlio Guido, Angiolo Barni, Francesco Minocchieri, Giuseppe Regoli, Giovanni Gori e il sessantottenne pastore Antonio Fabbri.

Da sinistra Renato Cecchucci, in alto Vincenzo Tacconi e Luigi Nativi
Da sinistra Renato Checcucci, in alto Vincenzo Tacconi, sotto Luigi Nativi (foto Mauro Pizzetti)

11 vittime, per lo più contadini e cittadini inermi, massacrati per vendetta in una delle pagine più buie e più violente del primo dopoguerra, che ha profondamente segnato la storia della Maremma. Due anni fa, il centenario venne commemorato con l’iniziativa “Roccastrada 1921. Un paese a ferro e fuoco”, nato dalla collaborazione tra il Comune e l’istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea. Nell’occasione venne proiettato l‘omonimo documentario prodotto da Isgrec e Comune per la regia di Luigi Zannetti

La lettera minatoria al sindaco socialista

Roccastrada, governata da un sindaco socialista, Natale Bastianini, era da tempo nelle mire dei fascisti. Era lui il vero obiettivo della spedizione, che poi si trasformò in un eccidio di cittadini inermi. Il 6 aprile 1921, Dino Perrone Compagni, segretario politico dei fasci italiani di combattimento, aveva inviato una lettera minatoria a Bastianini, nel quale gli intimava di dare, entro domenica, 17 aprile, le dimissioni da sindaco, «assumendovi voi – recita la lettera – in caso contrario, ogni responsabilità di cose e di persone. E se ricorrerete alle autorità per questo mio pio, gentile ed umano consiglio, il termine suddetto vi sarà ridotto a mercoledì 13, che porta fortuna».

Il sindaco rimase al suo posto e si rivolse alla prefettura, ottenendo rassicurazioni e pieno appoggio. Nessuno si attendeva alle prime luci dell’alba del 24 luglio, l’arrivo delle squadracce, una settantina di uomini su due camion, guidati dal segretario del fascio Dino Castellani. Il paese dormiva ancora, qualcuno andava a lavorare. Per due ore, i fascisti devastarono gli esercizi pubblici, entrarono nelle case, buttarono tutto quello che trovavano dalla finestra e davano fuoco alla roba ammassata sulle strade. 

Poi risalirono sui camion in direzione Sassofortino.

La morte di Ivo Saletti e la terribile rappresaglia

Saletti era uno squadrista 23enne, che rimase ucciso forse accidentalmente, appena i mezzi furono fuori dal paese. La rappresaglia fu durissima e animata da una furia incontenibile. Il paese venne messo a ferro e fuoco, furono bruciate una ventina di abitazioni, pagliai e fienili, uccidendo a sangue freddo, con inaudita violenza e crudeltà cittadini inermi. 

Ivo Saletti
Ivo Saletti

«Lungo la strada incendiarono pagliai e fienili e uccisero il pastore Fabbri Antonio di anni 68. Ferirono, con un colpo di rivoltella, Gori Giovanni di anni 68, ammazzarono nella propria abitazione Bartoletti Tommaso di anni 59 e il figlio Giulio di anni 27 che si trovava a lavorare nell’aia, Checcucci Ezio Renato, di anni 23 che era presso la giovane sposa, Regoli Giuseppe di anni 62 che trovavasi sul pianerottolo della sua abitazione e malgrado che la figliola ventiquattrenne tentasse di fargli scudo con la sua persona.

Continuarono la strada e appena in paese uccisero a colpi di pistola e pugnale Barni Angelo di anni 53, Minoccheri Francesco di anni 39, Tacconi Vincenzo di anni 26 e Natali Luigi di anni 36; devastarono e incendiarono quindi la cooperativa e 5 abitazioni, in modo che ora ben 35 persone si trovano prive di tetto», si legge nella relazione dell’Ispettore generale di pubblica sicurezza Alfredo Paolella, il 4 agosto 1921, al ministero dell’Interno che lo aveva incaricato di indagare sulle violenze in provincia di Grosseto e in altre località della Toscana.

Le vittime furono colpite a caso, anche se in alcuni casi è stata ravvista la molla della vendetta personale, e nulla avevano a che vedere con posizioni socialiste o anarchiche.

Il risalto sulla stampa 

Con la strage di Roccastrada lo squadrismo maremmano di Dino Castellani raggiunse un livello di violenza fra i più feroci. Ed ebbe un grande risalto sulla stampa, con posizioni diverse a seconda dell’orientamento del giornale. Fu oggetto di relazioni in Parlamento fino al processo.

Agli storici il compito dello studio dell’eccidio sulle fonti, in questa sede il dovere di ricordarlo.

 

 

Autore

  • Lina Senserini

    Redattrice di MaremmaOggi. Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle "origini" prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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