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Esiste un brevetto per salvare vite, ma se lo dimenticano

L’amarro mobile è un sistema semplice ma risolutivo per raggiungere da terra i cavi della comunicazione aerea. Nel 2001 è stata presentata la domanda di brevetto, ma ad oggi non è ancora utilizzato
Nella foto due esempi di amarro mobile montato sui pali nei pressi di Valpiana.
I prototipi dell’amarro mobile funzionante

FOLLONICA. Una storia che inizia nel 2000 da un intuizione geniale di tre operai, Paolo Battistini, Manrico Tuci e Giuseppe Conte, che potrebbe tutt’oggi far lavorare al sicuro i tecnici che si occupano di guasti delle linee tecniche. Il progetto, diventato brevetto di Telecom nel 2001, è l’amarro mobile ed è un sistema semplice ma risolutivo per raggiungere da terra i cavi della comunicazione aerea. Un sistema abbandonato in un cassetto.

La storia comincia nel 2000

Lampo spazio temporale e siamo all’inizio del terzo millennio, quando il sindaco di Follonica era Emilio Bonifazi e il presidente della Provincia Lio Scheggi. Nel mese di novembre del 2000 fu proprio organizzato un convegno dal titolo “Salute, sicurezza, lavoro – Nuovo sistema di realizzazione degli impianti aerei di telecomunicazione su palificazione”. 

L’iniziativa era partita dal Gruppo paritetico ambiente toscano affiancato e sostenuto da tutte le sigle sindacali. Silvano Polvani, quale confederale di queste sigle, lo presentò e fece da moderatore in una sala gremita di politici, rappresentanti del governo locale e i vertici di una delle più grandi aziende di telecomunicazioni: la Telecom. C’era un gran fermento in quella sala e a ripensarci oggi, col senno di poi, poteva essere sia di forte entusiasmo che di un certo smarrimento. O forse di entrambi.

In quell’occasione fu esposta l’idea semplice ma geniale di tre operai, un’intuizione che avrebbe potuto rivoluzionare il lavoro di tutti coloro che devono intervenire sui guasti delle linee telefoniche. Loro erano Paolo Battistini, Manrico Tuci e Giuseppe Conte che presentarono nell’occasione l’amarro mobile, un nuovo sistema meccanico che permetteva di effettuare interventi evitando al tecnico di dover salire per forza sulla scala: con il loro sistema gli addetti alla manutenzione avrebbero potuto lavorare da terra evitando così di mettere a rischio la loro vita.

All’epoca il gruppo paritetico di cui facevano parte i tre uomini preparò e presentò insieme al progetto anche lo studio di fattibilità economica. La Telecom ne capì subito l’importanza e dopo nemmeno un anno la domanda di brevetto era a Roma (14/11/2001).

Dopo il primo entusiasmo tutto si fermò

Un anno dopo cominciarono timide campagne pubblicitarie dopodiché tutto si fermò, come pietrificato in una dimensione di non tempo. Fino ad oggi, sempre in autunno ma ventiquattro anni dopo, quando un incontro casuale spazza via la coltre di polvere di un quarto di secolo.

«Sempre lì – spiega oggi Paolo Battistini – come il palo di Valpiana». Già, perché nella campagna del piccolo paese del comune massetano c’è l’unico esempio in Italia di palo con amarro mobile funzionante, montato a suo tempo per girare il video dimostrativo che, insieme a tutto il resto, fu al centro del convegno del 2000.

Un sistema ingegnoso per quanto semplice sta lì senza che nessuno lo conosca e soprattutto senza che sia mai stato usato per mettere davvero in sicurezza i tecnici che fanno quel lavoro. Sembra assurdo ma è così: il prototipo di un sistema rivoluzionario è ancora chiuso nelle scatole che Paolo Battistini conserva gelosamente insieme al tutta la documentazione che ha messo insieme negli anni.

L’amarro mobile potrebbe risolvere il “problema dell’ultimo miglio”

Perché lei è in possesso di tutti i pezzi del congegno?

«I pezzi che vede li ha costruiti con le sue mani Manrico Tuci: tra noi tre era quello che sapeva mettere in pratica le idee. Infatti era soprannominato mani d’oro. Purtroppo ci ha lasciato anni fa senza poter vedere l’utilizzo dell’amarro».

Perché secondo lei questo ingegnoso progetto non ha avuto un seguito nonostante la comprovata funzionalità?

«Per noi è sempre rimasto un mistero anche se probabilmente lo ha fatto passare in secondo piano il fatto che l’azienda sapesse già che si sarebbe trasformata. Poi sul mercato si parlava della fibra e dei tanti investimenti che avrebbero dovuto fare. Anzi è molto probabile che attualmente l’azienda non sappia nemmeno di possederne il brevetto».

Oltre alla sicurezza sul lavoro, quali sono gli altri risvolti che questo sistema potrebbe risolvere in minor tempo rispetto ai metodi attuali?

«Si potrebbe raggiungere, in modo più agevole e veloce, anche le zone più lontane dalle linee principali che si trovano lungo le strade di collegamento. Praticamente si risolverebbe il problema dell’ultimo miglio, ovvero l’ultima parte della linea che lasciando quella principale si dirigeva verso le zone meno raggiungibili».

Per comprendere questa problematica basta pensare alle tante persone che, per esempio, hanno deciso di andare ad abitare in campagna o in qualche paese dell’entroterra e lamentano da tanto tempo la mancanza di una connessione internet in grado di reggere il lavoro da remoto. Una tematica, quella della connettività, sentita anche dall’Unione europea, che stabilisce che: «Le condizioni necessarie per mantenere e richiamare le famiglie nelle immense zone rurali presenti nei vari paesi europei».

Battistini: «Si elimina il rischio della caduta del lavoratore»

Il 23 ottobre è stata depositata alla Camera la Legge di Bilancio che prevede interventi in materia di banda ultra-larga per 220 milioni di euro per la copertura delle cosiddette “aree bianche” a cui dovrà essere garantita la copertura 5G prevista dal Piano Italia per le telecomunicazioni. Le aree bianche sono tutte quelle aree in cui nessun operatore investe o investirà in connettività a banda ultra-larga e in cui sarà richiesto l’intervento economico dello Stato.

«Portare questi servizi attraverso linee aeree in palificazioni ha dei costi molto elevati, derivati sia dalla realizzazione degli impianti che della loro manutenzione. – spiega Battistini – A questi va aggiunta la qualità del servizio e la sicurezza sul lavoro dei dipendenti delle imprese, che giornalmente operano in condizioni mai agevoli e sempre pericolose. Con l’amarro mobile lo scenario sarebbe completamente diverso, il rischio di caduta dall’alto sarebbe eliminato, molti i soldi risparmiati e un Paese connesso in ogni suo angolo».

L’ultimo miglio, quindi, potrebbe essere finalmente coperto dalla rete agevolando anche il ripopolamento delle aree interne e dei piccoli e piccoli centri che rischiano di essere definitivamente abbandonati. Di tutto o quasi si può fare a meno oggi, ma della comunicazione internet no di certo.

Lavoro da remoto, telemedicina, ordini on line, prenotazioni on line, amicizie e vita sociale sono mantenuti attraverso il web, soprattutto per chi sceglie una vita lontano dal frastuono della città. E questa sarebbe solo un’altra ottima conseguenza di una rete più diffusa. Al primo posto, però, rimane sempre la sicurezza sul lavoro. Nella speranza che chi può si prenda carico quanto prima di questa opportunità.

Autore

  • Collaboratrice di MaremmaOggi. Il turismo e l'accoglienza sono nel dna familiare, ma scrivere è l'essenza di me stessa. La penna mi ha accompagnato in ogni fase e continua a farlo ovunque ce ne sia la possibilità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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