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Coldiretti: «Battiamoci contro il falso made in Maremma»

Gli agricoltori della provincia stanno partecipando al blocco degli alimenti sul Brennero: solo il mercato dei falsi prodotti maremmani vale 400milioni di euro
Le cosce di maiale prodotte in Germania trovate su un tir

GROSSETO. Gli agricoltori e allevatori maremmani sono in prima linea al blocco per il Brennero promosso da Coldiretti, per smascherare il falso made in Italy, che ogni giorno entra nel nostro paese. Ma anche per difendere il reddito delle imprese agricole e lanciare la petizione d’iniziativa popolare sulla trasparenza, per estendere l’indicazione d’origine in Europa a tutti i prodotti che finiscono sulle nostre tavole.

Secondo una stima di Coldiretti il falso made in Maremma vale oltre 400milioni di euro nel mondo, più del doppio delle esportazioni.

«Devono essere i cittadini a scegliere cosa mangiare senza rischiare di essere ingannati – dice il presidente provinciale di Grosseto di Coldiretti, Simone Castelli – È da qui che rilanciamo la nostra battaglia sulla trasparenza dell’origine in etichetta, che è un diritto dei cittadini europei. Chiediamo sia una priorità della nuova commissione europea e del nuovo Parlamento. Noi non abbiamo paura della trasparenza».

La petizione per la trasparenza potrà essere sostenuta firmando in tutti i mercati contadini di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti. La battaglia degli agricoltori sarà promossa anche sui social media con l’hashtag #nofakeinitaly.

La battaglia di Coldiretti è sostenuta da tanti cittadini: di cui oltre otto su 10, quindi l’83%, chiede lo stop alle importazioni di prodotti agroalimentari, che non rispettano le regole italiane in materia di sicurezza alimentare, ambientale e di tutela del lavoro, secondo un’indagine Coldiretti.

I camion pieni di finto made in Italy

Sono un centinaio gli agricoltori partiti dalla provincia di Grosseto e stanno partecipando in queste ore all’ispezione di decine di tir che passano dal Brennero. Al loro interno gli agricoltori hanno trovato fiumi di latte destinati a noti caseifici pronti per diventare yogurt tricolori, centinaia di cosce di maiale allevate in Germania, a cui è sufficiente la salatura in Italia per poter essere spacciate come nostrana.

Poi grano senza tracciabilità, 23mila chili di pere dal Belgio dirette a Taranto, cipolle dell’Est Europa spedite a Parma. Tulipani olandesi in viaggio per Verona, 21mila di chili di patate “nordiche” spedite a Crotone, prodotti da forno, carne di maiale e molto altro.

Latticini, insaccati, olio, ortaggi, frutta e fiori. La cui provenienza dei prodotti è dubbia. È una piaga per le aziende agricole e una minaccia per la salute dei cittadini. «Abbiamo visto un carico con 190 quintali di macellato suino che probabilmente finirà nella filiera dei prosciutti. Carico di cui perderemo la tracciabilità. Lo stesso accade per il latte, in un tir che abbiamo controllato – spiega Castelli – abbiamo trovato del formaggio di provenienza tedesca commissionato da un’azienda italiana».

«Ci dicevano che oggi al Brennero non avremmo trovato camion in ingresso che trasportavano prodotti agroalimentari – continua – come li avevamo trovati negli anni passati. Purtroppo i fatti dimostrano esattamente il contrario. Troppi prodotti stranieri diventano italiani varcando i nostri confini. Questo non è più accettabile e vale per tutti i prodotti».

L’iniziativa politica di Coldiretti

L’iniziativa di Coldiretti, che dà forza e continuità alla mobilitazione, ha lanciato la proposta di legge europea di iniziativa popolare sulla trasparenza dell’etichetta. L’obiettivo è raccogliere un milione di firme per dire basta ai cibi importati e poi camuffati come italiani, per difendere la salute dei cittadini e il reddito degli agricoltori. Estendere l’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta a tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Ue è fondamentale.

Sono molti i prodotti anonimi che rappresentano circa un quinto della spesa degli italiani che includono alimenti simbolo: sul pane non vige l’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato. Come accade anche per la pasta e tutti i suoi derivati come biscotti, fette biscottate crackers e simili.

Del tutto anonimi anche i legumi in scatola, magari venduti in confezione con colori o segni che richiamano l’Italia. Così come le confetture di frutta o di verdura trasformata, come marmellate e sottoli. Niente etichetta d’origine anche per ortaggi e frutta di IV Gamma, noci e pistacchi sgusciati, né per carne di coniglio e di cavallo. Restano anonime anche le portate sui menu dei ristoranti.

È necessario anche lo stop all’importazione di cibo trattato con sostanze e metodi vietati in Europa, come il grano canadese fatto seccare in preraccolta col glifosato, un erbicida probabilmente cancerogeno. Gli agricoltori vogliono solo il rispetto del principio di reciprocità: gli obblighi che vengono imposti ai produttori italiani devono valere anche per chi vuole vendere nel mercato europeo

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