GROSSETO. Tredicesimo appuntamento con la rubrica quindicinale “Il Mangialibro”. Ogni due venerdì, MaremmaOggi regala uno spazio dedicato a tutti coloro che amano leggere, proponendo un libro scritto da un autore maremmano o legato alla Maremma.
Protagonista di questa “puntata” non è un romanzo, ma un saggio, “Divina Mulier. Storie di donne e di vino”, di Debora Rossi, pubblicato nel 2022 da Antiqua Res edizioni.
Archeologa, direttrice dei Musei civici archeologici di Pitigiano, insegnante, sommelier e degustatrice Ais, Rossi, in questo libro, ha unito la sua passione per la storia, le conoscenza sulle civiltà antiche e la preparazione sul vino, per raccontare l’evoluzione del rapporto tra le bevande alcoliche e la figura femminile.
L’introduzione è affidata a Sergio Grasso, antropologo alimentare, giornalista, direttore della trasmissione “Linea verde” sulla Rai, successivamente passato a Sky con il programma “Grasso ma non troppo”, sul canale Marco Polo.
Debora Rossi è laureata in Conservazione dei beni culturali, indirizzo archeologico, all’università della Tuscia di Viterbo, è stata borsista all’università del Salento, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Topografia antica. Ha collaborato come consulente scientifica per gli scavi archeologici di superficie e subacquei, con la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale e con la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, curando la documentazione grafica e fotografica. Ha condotto numerosi scavi in Etruria e fa parte di vari organismi di ricerca in campo archeologico.
Prima di “Divina Mulier”, ha scritto monografie e pubblicazioni scientifiche che riguardano principalmente i territori di Vulci e Visentium.
“Divina Mulier”, storia di una discriminazione “enoica”
Il saggio di Debora Rossi non può essere derubricato al “semplice racconto” dell’evoluzione di un rapporto controverso – ma non per volontà delle donne – tra il vino e la figura femminile. È, piuttosto, un interessante excursus storico-antropologico, supportato da accurate ricerche, una ricca documentazione fotografica e un’ampia bibliografia, che illustra il processo “in-volutivo” della società in senso maschilista e discriminatorio, da un punto di vista particolare: il vino, appunto.
Il consumo di bevande alcoliche era permesso in epoca preistorica e, più tardi alle etrusche e alle egiziane, ma assolutamente vietato in epoca greca e romana. Nell’Urbe la “mulier” era relegata al ruolo di moglie devota e madre possibilmente prolifica. Il consumo di bevande alcoliche era simbolo di dissolutezza e facili costumi, più adatto al lupanare che al convivio (per soli uomini). Il maschio romano poteva esercitare lo “Ius osculi”, il “diritto del bacio” per accertarsi che la moglie (o la figlia o la sorella), non avesse consumato vino. In caso contrario la punizione – per legge scritta – poteva arrivare anche alla morte.
La pubblicazione fa parte della collana “Storia delle donne” pubblicata da Antiqua Res e curata da Carlo Casi, archeologo mancianese, direttore scientifico della Fondazione Vulci e del parco archeologico Antica Castro: 29 libri in cui gli autori, tutti “addetti ai lavori”, affrontato il tema della donna sotto diversi punti di vista, diverse epoche e prospettive.
La vite è donna
«La vite è donna…ma anche il vino ha la gonna», scrive Sergio Grasso nell’introduzione al libro “Divina mulier”. Eppure, per i lunghi 8mila anni della sua storia il vino è sempre stato declinato al maschile. Se si escludono pochi periodi in cui il sesso femminile è stato ammesso al consumo del nettare degli dei, la donna greca, romana, del Medioevo, dell’età moderna fino al XIX secolo, a meno che non fosse un’ostessa di professione o non appartenesse alla categoria delle “intrattenitrici”, non poteva avvicinarsi al vino.
Guai! Perché avrebbe perso il controllo e con esso la virtù della temperanza, della fedeltà, della pudicizia, tanto care ai romani. Valerio Massimo scriveva che “la donna avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi”. Federico III d’Asburgo, di fronte al suggerimento dei medici di far bere vino alla moglie – incinta, anemica e sul punto di morire – pare abbia risposto “meglio essere un imperatore vedovo e senza erede che marito di una donna ubriaca”.
Bisogna aspettare la Francia del XIX secolo per vedere le donne protagoniste nel mondo del vino. Grazie a fiuto, competenza, capacità e coraggio, aprono la strada alle grandi imprenditrici “enoiche”. Basti il nome di Barbe Nicole Ponsardin, rimasta vedova a 27 anni, capace di rivoluzionare il mondo dello champagne e creare un impero: quello della Vevue Clicquot.
Oggi le “donne del vino” sono una galassia di produttrici, enologhe, sommelier, agronome, senza escludere tutte coloro che lavorano nelle vigne e nelle cantine, esperte e sensibili conoscitrici dell’uva e del suo “succo”. Forse il prodotto del lavoro dell’uomo che più lo avvicina al divino, in tutte le sue declinazioni.
Pagina dopo pagina, “Divina Mulier”, accompagna il lettore in un viaggio affascinante dai secoli lontanissimi in cui la prima vite è arrivata nel Mediterraneo dalla Georgia, alla Roma imperiale. E che fornisce le basi per capire, apprezzare e conoscere una storia che ha ancora molto da raccontare.
Casa editrice Antiqua Res: www.antiquaresedizioni.it
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Redattrice di MaremmaOggi. Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle "origini" prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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